La mobilità comporta oggi una integrazione di tutti i mezzi di trasporto in un progetto di convivenza che si giova delle risorse elettroniche e informatiche per rispondere alle esigenze individuali e collettive di incontro e di conoscenza.
di Gian Piero Jacobelli
Per quanto destinati a una perenne vita di coppia, le istanze della comunicazione e della mobilità, finiscono sempre per prevalere l’una sull’altra, in ragione dei contesti, dei momenti, degli strumenti in cui e con cui si trovano volta a volta a operare.
Se l’invenzione marconiana del telegrafo nasceva in stretta connessione con la mobilità marittima, la esplosione frattalica del “tele”, della comunicazione a distanza, nella seconda metà del Novecento – dalla televisione alla telematica, passando per le più recenti implementazioni telefoniche – sembrava avere sancito la prevalenza della comunicazione sulla mobilità, del virtuale sul reale, per riprendere una piuttosto convenzionale e superficiale opposizione.
Ma è bastato un traguardo millenaristico – quello di una globalizzazione che, una volta completato il giro del mondo, sembra tornare indietro, verso più confortanti, ma non meno problematici approdi locali – per porre in questione la distanza programmatica della comunicazione a favore della vicinanza altrettanto programmaticamente promessa dalla mobilità.
Perché tutto ciò fosse possibile, e senza escludere ovviamente che di tempo in tempo la clessidra torni a capovolgersi, è stato necessario che la mobilità si dotasse di nuove strumentazioni, in grado di garantire non soltanto una maggiore velocità, ma anche e forse soprattutto una maggiore sicurezza e una maggiore consapevolezza dei luoghi.
Se le Ferrovie Italiane possono promuovere le proprie Frecce Rosse alla insegna della “Metropolitana d’Italia” è perché persino il treno, forse il segno più incisivo della modernità ottocentesca – chi non ricorda la spettacolarità di La grande rapina al treno, il bellissimo romanzo e film di Michael Chricton? –, ha potuto usufruire di una ulteriore e incessante modernizzazione. Ma altrettanto si potrebbe dire degli aeroplani e dei trasporti su gomma, pubblici o privati che siano.
Tuttavia non basterebbero i miglioramenti tecnologici ed ergonomici dei mezzi di trasporto per motivare la nuova importanza della mobilità. Sono necessarie anche altre due componenti “contestuali”, che sembrerebbero porsi agli antipodi (soggettivo e oggettivo) della civiltà contemporanea, ma che, invece, presentano non pochi punti in comune.
Da un lato, la componente “psicologica” che – nonostante, o forse proprio per la illusionistica “presenza” promossa dalla profusione degli schermi, con tutte le sue conseguenze sul piano dei processi decisionali – torna a privilegiare il rapporto diretto, faccia a faccia, nel caso della persone, ovvero la “osservazione partecipante”, nel caso dei luoghi e delle cose.
Dall’altro lato, la componente “sistemica”, connessa alla possibilità di un diffuso e integrato controllo ambientale, come nel caso delle cosiddette smart cities o, più semplicemente, della gestione logistica dei flussi, per consentire una mobilità più fluida e sicura.
Se una volta, come scrive Greg Lindsay nel suo recente saggio Aerotropolis: The Way We’ll Live Next?, erano i mezzi di trasporto a definire la forma delle città e, di conseguenza, le modalità relazionali tra i cittadini, oggi la funzione sembra invertirsi e la forma delle città detta nuove regole ai processi di infrastrutturazione e di socializzazione. Scrive Lindsay che «una vera smart city dovrebbe aiutare le persone a connettersi tra loro in modi nuovi, senza bisogno di intermediari».
Come si vede la istanza della “connessione”, che una volta si applicava essenzialmente alle reti di comunicazione, oggi trova la sua concretezza in una rinnovata esigenza di personalizzazione, che comporta anche la possibilità di una presenza non mediata.
In questo senso, mutuando la celebre formula mcluhaniana, potremmo affermare che, anche nella mobilità, il mezzo è il messaggio: in particolare quel messaggio, o insieme di messaggi, che, connettendo le persone tra loro e con il territorio in cui si muovono, trasformano la mobilità in una preziosa occasione di incontro e di conoscenza.