In Kenya la rapida diffusione di smartphone e sistemi digitali di prestito di denaro stanno facilitando lo sviluppo del gioco d’azzardo online. Ma il fenomeno tocca tutto il continente africano e chi perde è sempre il più povero
di Jonathan W. Rosen
Mentre stava facendo l’autostop nella tarda notte di un sabato del 2018, Bill Kirwa si era quasi dimenticato della scommessa effettuata nel pomeriggio: la squadra vincente nel primo tempo e a fine partita in quattro campionati in tre continenti. Sul camion che lo aveva appena fatto salire a bordo sul suo smartphone Infinix è apparsa una notifica. La scommessa di 3.500 scellini kenioti (33 euro) che aveva piazzato con mobile money, ossia un servizio di pagamento e trasferimento di denaro attraverso la rete cellulare, si era appena trasformata in quasi 7.900 euro.
Kirwa, che ora ha 26 anni, ha sfruttato la fortuna, acquistando un’auto che gli ha permesso di lavorare per Wasili, un servizio di trasporto in stile Uber nella vicina città di Eldoret. Ma ha continuato a giocare d’azzardo e, nel tempo, le sue perdite sono aumentate. In pochi anni, ha consumato la sua grande vittoria.
La sua esperienza non è certo unica. Dalla metà dell’ultimo decennio, funzionari eletti, leader della comunità e ricercatori del Kenya e di tutto il continente africano hanno lanciato l’allarme sulla crescente diffusione delle scommesse sportive. Sono state documentate storie di ricchezze molto più grandi di quelle di Kirwa, ma anche distruzioni di famiglie e suicidi.
Le scommesse sportive in Africa non sono un fenomeno interamente digitale: le squallide sale scommesse piene di giovani sottoccupati sono state a lungo un appuntamento fisso del paesaggio urbano. Tuttavia, sempre più spesso il gioco d’azzardo si è spostato online, aiutato dalla rapida diffusione di tecnologie come smartphone, Internet ad alta velocità e piattaforme mobili di denaro, che consentono pagamenti tramite telefoni senza un conto bancario. Oggi il gioco d’azzardo avviene quasi ovunque: nei campus universitari, in villaggi remoti o addirittura, come Kirwa ammette con un pizzico di imbarazzo, al volante mentre guida.
Gli esperti affermano che questa facilità di accesso sta aumentando la partecipazione al fenomeno in tutta l’Africa, comprese potenze economiche come la Nigeria e il Sud Africa, stati poveri e fragili come la Repubblica Democratica del Congo e il Senegal, sede della Coppa d’Africa del 2021, dove le scommesse online sono iniziate in ritardo, ma ora crescono del 50 per cento ogni anno.
In nessun luogo, tuttavia, il “vizio” è così pervasivo come nel Kenya, definito la “Silicon Savannah” dell’Africa per il suo status di potenza tecnologica regionale. In questo paese è nato il primo servizio di mobile money del continente, M-Pesa, che ha messo in ginocchio chi si trova in condizioni economiche fragili. Un sondaggio del dicembre 2021 della società di ricerca statunitense GeoPoll ha rilevato che l’84 per cento dei giovani kenioti intervistati aveva provato a scommettere e un terzo di questi ha riferito di scommettere su base giornaliera. La stragrande maggioranza, come Kirwa, lo fa sui propri smartphone utilizzando mobile money.
“La maggior parte delle persone che scommettono non vogliono divertirsi, ma fare soldi”, dice Fabio Ogachi, professore di psicologia alla Kenyatta University di Nairobi. Ogachi afferma che una percentuale significativa dei kenioti che scommettono mostra segni di dipendenza dal gioco: comportamenti che includono puntate sempre crescenti e menzogne sulla propria dipendenza. La tecnologia, aggiunge, è stata uno dei principali motori del fenomeno delle scommesse sportive.
Il benessere finanziario non arriva a tutti
La tecnologia ha le sue radici in un esperimento del 2006, condotto dalle società di telecomunicazioni Vodafone del Regno Unito e Safaricom del Kenya, che hanno cercato modi per diffondere l’accesso ai finanziamenti tra coloro che in precedenza erano stati esclusi dalle banche tradizionali. L’idea originale era quella di utilizzare i telefoni per erogare e rimborsare prestiti di microfinanza. Ma i partecipanti a un progetto pilota in Kenya hanno iniziato a usarlo per qualcos’altro: inviare denaro a casa.
In un paese in cui i giovani hanno continuato ad abbandonare le fattorie familiari per cercare opportunità in paesi e città, il denaro digitale ha occupato una nicchia essenziale. In precedenza, sostenere i parenti significava spesso inviare denaro in autobus o per posta, una procedura inaffidabile e costosa. Safaricom ha investito molto nella costruzione di una rete di agenti che si comportassero come bancomat umani in modo che i destinatari potessero prelevare contanti dai loro portafogli digitali.
Nel corso del tempo il sistema, chiamato M-Pesa (M per “mobile” più la parola swahili per denaro), si è ampliato per includere una gamma di altri servizi di pagamento e prestito, e alla fine ha iniziato a sostituire completamente il contante. Oggi Safaricom vanta 30 milioni di account M-Pesa attivi in Kenya, all’incirca equivalente alla popolazione adulta del paese. Nel periodo di 12 mesi fino a marzo 2021, il servizio ha elaborato transazioni per un valore di 193 miliardi di dollari, una cifra quasi il doppio del PIL del Kenya.
La crescita di M-Pesa ha prodotto benefici tangibili. Nel 2006, secondo la Banca centrale del Kenya, solo il 27 per cento degli adulti kenioti aveva accesso a servizi finanziari formali, come mezzi per risparmiare, prendere in prestito o effettuare pagamenti non in contanti. Grazie a M-Pesa, questa percentuale è salita all’84 per cento. Una ricerca pubblicata nel 2016 dagli economisti Tavneet Suri e William Jack ha scoperto che l’accesso a M-Pesa ha contribuito a far uscire il 2 per cento delle famiglie del Kenya dalla povertà estrema, in parte consentendo alle donne di abbandonare l’agricoltura di sussistenza e dedicarsi al commercio al dettaglio.
Studi condotti in paesi in cui si è diffuso il mobile money hanno rilevato che il suo utilizzo migliora la resilienza agli shock finanziari e facilita tassi più elevati di risparmio delle famiglie. L’impronta globale della tecnologia continua a crescere: nel 2020, secondo la Global System for Mobile Communications Association, c’erano 310 servizi mobili di denaro disponibili in 96 paesi, con 300 milioni di conti attivi, più della metà nell’Africa subsahariana.
M-Pesa non rappresentava tuttavia una soluzione magica per le sfide economiche più ampie del Kenya. Sebbene il PIL del paese fosse raddoppiato nei 15 anni prima della pandemia, portandolo allo status di “reddito medio-basso” designato dalla Banca Mondiale, i cittadini si sono lamentati a lungo dell’ineguaglianza sociale di questa nuova ricchezza.
Molti lamentano un’incontrollata crescita infrastrutturale che ha visto nuove autostrade, un’importante espansione della rete elettrica e una ferrovia per la costa costruita dai cinesi, per un costo di 3,6 miliardi di dollari. Gli esperti affermano che i budget di questi progetti sono stati gonfiati da tangenti. Ciò ha aumentato il debito pubblico, indebolito lo scellino keniota e creato nuove tasse, provocando a sua volta un aumento del costo della vita.
Anche trovare lavoro è diventato difficile. Secondo le statistiche del governo, il Kenya, con una popolazione di 54 milioni, ufficialmente aveva solo 3,1 milioni di posti di lavoro stipendiati nel 2019. Le restrizioni pandemiche hanno contribuito a una perdita netta di quasi 200.000 posti nel 2020. Ma anche prima del coronavirus, la crescita annuale dell’occupazione era a malapena sufficiente a intaccare l’assalto di neolaureati e diplomati in cerca di lavoro. Anche i laureati delle università d’élite del Kenya spesso lottano per anni per trovare un’occupazione adeguata. L’ascesa dei social media ha anche evidenziato che altrove se la passano meglio, generando un livello ancora più alto di frustrazione”, afferma Ogachi.
Le scommesse sparigliano le carte
Con così tanti disoccupati, i giovani kenioti stanno rinunciando sempre più alla ricerca di un lavoro, rivolgendosi invece all’imprenditorialità o, come molti la chiamano, forse più precisamente, “all’arte di arrangiarsi”. Il travaglio di Kirwa è iniziato nel 2017, dopo aver abbandonato i piani per diventare insegnante. Non potendo pagare le tasse universitarie, ha abbandonato gli studi, ha preso i soldi che gli erano rimasti e ha aperto un chiosco dove i clienti potevano via computer fare un lavoro di riscossione per M-Pesa. Per guadagnare extra, ha iniziato a vendere tabulati con informazioni su partite di calcio all’estero.
Il Kenya, uno dei primi stati ad adottare la tecnologia, è stato inondato di cavi sottomarini e di smartphone a marchio cinese che hanno ridotto drasticamente i costi di connessione (oggi si stima che l’85 per cento della popolazione sia dotato di un accesso). In un paese in cui la maggior parte delle persone non disponeva ancora di conti bancari o carte di credito, M-Pesa offriva un mezzo di pagamento rapido e sicuro. Inoltre, un ventaglio di app di prestito di terze parti scarsamente regolamentate che possono collegarsi a M-Pesa hanno implicato che gli scommettitori potevano indebitarsi anche se i loro account erano vuoti.
Kirwa, che ha visto anche suo padre fare scommesse, è stato presto coinvolto nel meccanismo. Ha provato più siti, con opzioni in continua espansione: corse di cani, rugby, e-casinò, persino freccette e ping pong. Come la maggior parte dei giovani kenioti, però, si è concentrato principalmente sul calcio, scommettendo sempre più. A volte saltava i pasti. Convinto di poter superare in astuzia i bookmaker, si è messo a seguire dei sedicenti esperti sui social media. Il mondo delle scommesse è diventato il suo lavoro.
A lungo termine, ovviamente, questa convinzione non è corretta: le scommesse sportive non sono un gioco di abilità e le quote vanno sempre a vantaggio di chi le propone. Eppure, l’industria del gioco è esplosa. SportPesa, azienda fondata a Nairobi da un gruppo di investitori bulgari e kenioti, tra cui un ex sindaco della città, è stata l’avanguardia. Fondata nel 2014, offriva un’elegante interfaccia online che consentiva agli utenti di finanziare conti tramite M-Pesa e piazzare scommesse su partite di tutto il mondo in pochi secondi.
All’inizio del 2018, secondo i dati della testata investigativa britannica “Finance Uncovered”, i kenioti spendevano 1,3 miliardi di dollari all’anno per piazzare scommesse sulla piattaforma, più del budget annuale del Ministero della Salute del Paese. Al suo apice, SportPesa ha sponsorizzato squadre e atleti di rugby, boxe, Formula 1 e calcio, inclusa la squadra della Premier League inglese Everton. Wayne Rooney, uno dei marcatori più prolifici della sua generazione, ha calcato il campo con “SportPesa” blasonato sul petto.
Altre aziende hanno seguito l’esempio di SportPesa. Hempstone Ngare, un ex giornalista radiofonico assunto nel 2017 per gestire i social media per uno dei concorrenti dell’azienda, ricorda un periodo di marketing particolarmente aggressivo: cartelloni pubblicitari affissi in tutto il paese, “belle signore” che offrivano magliette in cambio di iscrizioni, messaggi di testo non richiesti e post di Ngare su Facebook, Instagram e Twitter, progettati per attirare follower da convertire in clienti.
Un sondaggio del 2016 della Kenyatta University ha rilevato che il 78 per cento degli studenti maschi e il 57 per cento delle studentesse avevano provato a scommettere, almeno una volta alla settimana (e l’80 per cento riportava perdite nette). Successivi sondaggi di GeoPoll hanno costantemente rilevato che più di tre quarti dei giovani in Kenya e più della metà in Uganda, Tanzania, Ghana, Nigeria, lo avevano fatto dai loro telefoni con l’aiuto del mobile money.
Al radicamento è seguita la dipendenza. Uno studio del 2020 condotto da Ogachi su studenti scommettitori kenioti ha diagnosticato a quasi sette su 10 disturbi del gioco d’azzardo. Nelson Bwire, che guidava il sondaggio della Kenyatta University quando era studente, era così allarmato da fondare un’organizzazione no-profit, la Gaming Awareness Society of Kenya, nel tentativo di ridurre i danni del gioco d’azzardo.
Un’abitudine difficile da togliersi
Alcuni sostengono che il Kenya dovrebbe vietare le scommesse sportive. C’è sicuramente un precedente: la pratica è molto ristretta in molte parti del mondo, inclusa la maggior parte dell’Asia e del Medio Oriente. Eppure chi conosce bene il paese dice che non sono probabili riforme radicali. Per prima cosa, le tasse derivanti dalle scommesse sono diventate un’importante fonte di entrate per il governo del Kenya a corto di liquidità. Molte delle principali case di scommesse del paese hanno anche stretti legami finanziari con il mondo politico.
Alcuni ritengono che potrebbe essere parte del motivo per cui un disegno di legge del 2019 più restrittivo non ha avuto successo nel parlamento keniota. Inoltre, le stesse società di scommesse sono diventate importanti fonti di lavoro: Ngare, che ha lavorato per molte di esse, dice che preferirebbe tornare al giornalismo, ma non saprebbe come pagare l’affitto e mantenere la famiglia.
Tuttavia, alcuni segnali dicono che le autorità keniote stanno avendo un certo successo nel frenare gli eccessi del settore. Le nuove tasse su puntate e vincite sembrano aver incentivato una parte degli scommettitori a tirare il freno. Una legge approvata lo scorso dicembre conferisce alla Banca centrale nuovi poteri per regolamentare chi concede prestiti digitali. E grazie alle restrizioni messe in atto dal Betting Control and Licensing Board (BCLB) del paese, le società di gioco d’azzardo non possono più fare pubblicità su radio e TV durante le ore diurne.
Ma l’industria non si è fermata. Nel luglio 2019, il consiglio ha rifiutato di rinnovare le licenze di 27 società di scommesse, tra cui SportPesa, per il mancato pagamento delle tasse arretrate. Nuove aziende, però, hanno aperto i battenti. Oggi, il BCLB elenca 99 bookmaker autorizzati, più di prima della stretta.
In un’intervista nella sede di Nairobi, il direttore della BCLB Peter Mbugi mi ha detto che il numero di scommesse keniote e i volumi totali puntati sono inferiori oggi rispetto al 2019, anche se ha rifiutato di condividere dati sulle cifre totali. Mbugi attribuisce il calo a regolamenti più severi e a una crescente consapevolezza che le scommesse sportive “non sono una panacea” come molti avevano pensato.
Ma altri affermano che una riduzione dei numeri potrebbe essere un inconveniente temporaneo causato dalla pandemia, che ha messo a dura prova le finanze delle famiglie e ha interrotto per mesi i campionati di calcio nel mondo. I dati di Safaricom, che controlla oltre il 99 per cento del mercato monetario mobile del Kenya, mostrano che le transazioni degli utenti di M-Pesa con i siti di scommesse valevano 737 milioni di dollari nei sei mesi fino a settembre 2021, rispetto ai 436 milioni di dollari dello stesso periodo del 2020.
Nel frattempo, sono comparsi nuovi mercati africani da esplorare. Karen Njerenga, che guida il marketing in Kenya per Betway, un’azienda globale con attività in sette paesi africani, afferma che l’azienda punta ad allargarsi. Chalkline Sports, che aiuta le società di scommesse ad acquisire e fidelizzare clienti, ha descritto il “potenziale non sfruttato” del continente nei giochi online come “di vasta portata”.
Alcuni sperano che lo stesso tipo di tecnologie che hanno permesso a questo settore di prosperare possano anche mitigare i danni che può causare. L’anno scorso, per esempio, Bwire e il collega Weldon Koros hanno collaborato con l’azienda britannica Gamban per introdurre un’app che consente a chi soffre di dipendenza di bloccare l’accesso a tutti i siti di gioco d’azzardo sui propri dispositivi. L’adozione del software, che non può essere disinstallato, è stata finora modesta, ma Bwire afferma che ha aiutato alcune persone a “ridurre le tentazioni”.
Bwire e Koros hanno anche avuto un certo successo facendo pressioni sulle università per bloccare i siti di scommesse sulle loro reti: se gli studenti devono pagare per i dati, si pensa, potrebbero passare meno tempo sui loro dispositivi. E’ stato anche molto apprezzato il lancio di Safaricom nel 2021 di un “sistema di pagamento mobile intelligente” per i prestiti agli studenti, che impedisce di dirottare i pagamenti delle tasse universitarie verso le scommesse.
Ma Bwire vorrebbe che l’azienda facesse di più, inclusa l’introduzione di restrizioni più severe sulla pubblicità basata sulle strutture di scoperto che molti scommettitori utilizzano per piazzare scommesse a credito, oltre ai prestiti da app esterne. (Un portavoce di Safaricom, che ha guadagnato 37 milioni di dollari dalle commissioni relative alle scommesse nell’anno finanziario 2021, non ha risposto a più richieste di commento.)
I nuovi prodotti digitali potrebbero indirizzare alcuni scommettitori verso lidi alternativi. Kevin Kegera, uno studente del terzo anno alla Kenyatta University, dice di essere passato al trading di valuta estera: FXPesa, un’app che gli consente di utilizzare denaro mobile per farlo, è stata lanciata nel 2019, e ne sono seguite altre. Molti dei suoi amici usano anche le app per fare trading in valute estere, criptovalute o azioni estere, opzioni che non erano disponibili anche pochi anni fa.
Kirwa, da parte sua, è improbabile che rinunci al suo vizio. Una sera a Eldoret, lo ho raggiunto sulla sua Toyota Vitz rossa, una berlina che aveva equipaggiato con vetri oscurati e illuminazione interna blu elettrico. Nonostante i suoi continui insuccessi, dice di non avere intenzione di smettere. Le scommesse sono diventate parte fondamentale della sua identità. Inoltre, c’è sempre la possibilità che la fortuna torni a girare dalla sua parte.
(rp)