Nature mette in luce tre studi esemplari sul valore di applicazioni di telemedicina come l’iniziativa italiana ParkisonCare durante il 2020, l’anno della pandemia da Covid-19.
di Lisa Ovi
La pandemia ha generato l’urgenza di evitare assembramenti di pazienti in scuole, studi medici, pronto soccorso e ospedali. La telemedicina, già in graduale crescita negli anni precedenti al 2020, permette agli operatori sanitari di raggiungere luoghi lontani, rispettare disposizioni di distanziamento fisico e risparmiare dispositivi di protezione individuale grazie ad applicazioni telefoniche, video, e-mail e mobili.
A dimostrazione del potenziale delle applicazioni di telemedicina, Nature Reviews Neurology porta l’esempio di alcuni casi eccellenti che hanno dato prova del valore della teleneurologia durante il 2020, in piena pandemia da Covid-19.
Di particolare valore il caso del programma ParkinsonCare. Condotto a Milano proprio nel momento in cui la Lombardia era più colpita dalla pandemia nel mondo occidentale, il programma ParkinsonCare si propose come servizio di teleassistenza infermieristica specializzata gratuita, in tutta Italia, per i pazienti affetti dal morbo di Parkinson, costretti a casa dell’inasprimento delle misure di contenimento dell’epidemia e impossibilitate ad accedere ai servizi sanitari convenzionali.
Nata dalla collaborazione tra Confederazione Parkinson Italia Onlus, rete nazionale delle Associazioni delle persone con Parkinson, e Careapt, giovane start up del gruppo Zambon dedicata allo sviluppo di soluzioni digitali per la gestione delle malattie neurodegenerative, il servizio, inizialmente circoscritto alle regioni più colpite dall’emergenza coronavirus, venne rapidamente esteso a tutto il paese.
Nel loro studio, il dr. Roberto Cilia e colleghi descrivono la decisione di utilizzare un approccio di telemedicina a più fasi. In due terzi dei casi, il problema all’origine del contatto è stato risolto da infermieri specializzati nel trattamento del Parkinson con il supporto di un questionario. Nel resto dei casi, un terzo dei pazienti è stato indirizzato a un neurologo in videolink, mentre gli altri hanno trovato giovamento nel supporto del team multidisciplinare composto da fisioterapisti, neuropsicologi, logopedisti e terapisti occupazionali.
Solo 1 paziente su 45 circa ha avuto necessità di un consulto faccia a faccia, con una notevole riduzione dei rischi di trasmissione sia per pazienti che per il personale sanitario. Il successo dell’iniziativa ha portato Parkinson Italia a promuovere l’introduzione della telemedicina nel sistema sanitario nazionale italiano. Il caso mette, infatti, particolarmente in evidenza come l’utilizzo della telemedicina favorisca l’emacipazione dei servizi sanitari dalle singole strutture.
Condotto a Bari, lo studio firmato dalla dr.ssa Rosa Capozzo e colleghi è un esempio della necessità di adattare l’offerta alla disponibilità tecnologica del territorio. Avendo deciso di offrire un servizio di telemedicina multidisciplinare a pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), i ricercatori hanno dovuto rinunciare all’opzione di condurre consulenze in videolink, in quanto la maggior parte dei pazienti non era munito degli strumenti tecnologici necessari a connettersi. Ciononostante, una volta optato per le consultazioni telefoniche, l’esperienza ha avuto un tale successo da portare il 90% dei pazienti a dichiarare di preferire il nuovo servizio anche per il futuro.
All’estero, servizi di telemedicina già avviati hanno visto incrementi nel numero di utenti anche del 2.000% (Mayo Clinic, USA), e del 3000% (Scozia). Lo studio della Mayo Clinic descrive come il dipartimento di neurologia della clinica sia stato in grado di fornire assistenza in videolink all’interno delle stanze dei pazienti, mentre lo studio scozzese propone interessanti indicazioni su come ottenere il meglio sia dalle apparecchiature di un ambiente ospedaliero che dai software per uso domestico.
Dalla telemedicina all’utilizzo di dati per rivoluzionare i sistemi di diagnosi e di cura, dalla robotica chirurgica all’implementazione di interfacce digitali per la relazione con il paziente, dal virtual nursing e digital coaching per le patologie croniche alle Digital Therapies, il futuro della medicina è sempre più legato alle sue tecnologie ed alla capacità di utenti ed operatori di coglierne la promessa.
(lo)