Un tema che è stato fino al recente passato soprattutto oggetto di curiosità culturale oggi, dopo due anni di pandemia, si affaccia a pieno titolo sul mondo delle scienze delle vita più avanzate.
di Lisa Ovi
Per rafforzare il sistema immunitario, i medici raccomandano da sempre uno stile di vita sano caratterizzato da una giusta dose di esercizio fisico ed una dieta equilibrata comprensiva di frutta, verdura e senza carenze vitaminiche. Forse anche grazie alla disgrazia della pandemia da Covid-19, a queste prescrizioni si aggiunge ora l’importanza di vivere in un ambiente non inquinato, ma diversi studi nel corso degli anni hanno promosso qualcosa di più: il valore della musica, dell’ambiente sonoro, nel sostenere un sistema immunitario equilibrato.
La musica ha un effetto fondamentale sugli esseri umani. Può ridurre lo stress, migliorare il rilassamento, fornire una distrazione dal dolore e migliorare i risultati della terapia clinica. Ciarlataneria? Eppure già il decimo Congresso Internazionale sullo Stress tenutosi nel 1999 a Montreux, in Svizzera, proponeva un’analisi del rapporto tra Musica e Sistema Immunitario.
Secondo quanto discusso allora durante il congresso, infatti, esistono concreti dati scientifici a supporto dell’utilizzo della musica per migliorare le condizioni del sistema immunitario. Al centro del dibattito è l’innegabile capacità della musica di alterare l’umore e lo stato emotivo, due fattori di cui è ben noto l’effetto sulle attività e sull’equilibrio del sistema nervoso autonomo. Proprio il sistema nervoso autonomo è, a sua volta, un riconosciuto modulatore di ogni aspetto della funzione immunitaria, sia attraverso l’innervazione diretta dei tessuti linfoidi, sia attraverso la sua influenza regolatrice sugli ormoni immunomodulatori.
L’interazione tra stati emotivi, immunità e funzione autonomica è stata evidenziata da numerosi studi che dimostrano che emozioni negative come la rabbia e l’ostilità stimolano l’attività simpatica, aumentano il rapporto cortisolo/DHEA e sopprimono il sistema immunitario, mentre gli stati emotivi positivi come l’apprezzamento favoriscono l’attività parasimpatica, aumentano la coerenza fisiologica, riducono il rapporto cortisolo/DHEA e potenziano l’immunità. Non è un caso che il clima di tensione e paura globali indotti dalla pandemia abbiano dato nuova vita alla ricerca di metodi per mitigare lo stress e rafforzare il sistema immunitario contro le infezioni virali.
I risultati descritti nel 1999 sono stati ripetutamente esplorati e confermati. Nel 2006, una raccolta di studi pubblicati dalla Blackwell Publishing intitolata “Music Thought To Enhance Intelligence, Mental Health And Immune System”, analizzava il potenziale della musica non solo di rafforzare il sistema immunitario, ma anche intelligenza e salute mentale. Agli studi sui benefici dell’ascolto della musica si sono affiancati studi sulla produzione di musica, cantata o strumentale, ad esempio in pazienti affetti da cancro.
Una recensione del 2013 pubblicata dalla rivista Brain Behaviour and Immunity, descrive come gli effetti emotivi e psicologici dell’ascolto di musica abbiano un impatto diretto sui biomarcatori e sui livelli ormonali. L’immunoglobulina A, che svolge un ruolo cruciale nelle funzioni immunitarie, è stata citata come “particolarmente reattiva alla musica”. C’è anche un consenso generale tra i ricercatori sul fatto che l’ascolto di musica riduce i livelli di cortisolo, con uno studio del 2007 nel Journal of Music Therapy di A.J. Ferrer in cui il ricercatore afferma che la musica può essere “efficace quanto il diazepam” nel ridurre i segni vitali dell’ansia.
Appena un anno fa, mentre il mondo si scopriva disarmato di fronte alla pandemia da Covid-19, una recensione pubblicata a fine 2019 sulla rivista Annual Research & Review in Biology descriveva come sia l’esecuzione che l’ascolto di musica possono avere un impatto significativo sul sistema immunitario. Nel novembre dello stesso anno, ricercatori della University of Southern California, hanno utilizzato una AI per studiare quali parametri musicali innescano determinate risposte fisiche ed emotive in supporto dell’ipotesi che si possa programmare musica con l’intenzione di ottenere precisi risultati.
Ecco nascere, dunque, la proposta di ampliare lo studio del potenziale della musica in qualità di fattore “immunogeno culturale“. Esplorato nel 2013 dal professor Even Ruud del Dipartimento di Musicologia dell’Università di Oslo, in Norvegia, il concetto promette di aggiungere un tassello al quadro complesso dell’equilibrio immunitario di un essere umano che desidera migliorare il proprio stato di salute e benessere in un mondo in veloce cambiamento.
(lo)