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    La controffensiva cinese

    In un’intervista concessa in occasione di un evento di “MIT Technology Review”, Xu Wenwei, presidente del consiglio di amministrazione di Huawei, parla della nuova divisione di ricerca di base dell’azienda che finanzierà con 300 milioni di dollari senza vincoli le università mondiali e dei rapporti con gli Stati Uniti.

    di Karen Hao

    Nelle ultime settimane, la posizione degli Stati Uniti su Huawei è sembrata ambivalente. Durante il summit del G20, il presidente Donald Trump ha annunciatoche avrebbe allentato le restrizioni sul colosso cinese, consentendo alle aziende statunitensi di vendergli di nuovo merci. Ma qualche giorno dopo in un’e-mail inviata allo staff del Dipartimento del Commercio, divulgata da Reuters, ha ribadito che Huawei fa ancora parte della lista nera.

    Mentre gli Stati Uniti definiscono la loro posizione, il gigante tecnologico cinese non sta con le mani in mano. Negli ultimi mesi, ha adottato una nuova strategia di ricerca globale, che potrebbe ridurre la sua dipendenza dagli Stati Uniti e rafforzare i suoi rapporti con altri paesi. 

    Se Huawei uscirà indenne dall’offensiva americana, il piano di Trump di mettere alle corde l’azienda cinese si potrebbe ritorcere contro il presidente americano. Non solo, ma il successo di Huawei diventerebbe un esempio da seguire per altre aziende tecnologiche cinesi, indebolendo l’influenza e il ruolo degli Stati Uniti nella ricerca tecnologica globale.

    Xu Wenwei, presidente dell’Institute of Strategic Research di Huawei MIT Technology Review Cina

    In aprile, tra crescenti tensioni con gli Stati Uniti, Huawei ha costituito una nuova divisione, l’Istituto di ricerca strategica, per favorire lo sviluppo della ricerca di base. Qualche giorno fa, in un’intervista a “MIT Technology Review”, Xu Wenwei, a capo del nuovo istituto e presidente del consiglio di amministrazione di Huawei, ha spiegato che il gruppo di ricerca inaugura una nuova era aziendale, chiamata “Innovazione 2.0”.

    Mentre l’innovazione 1.0 si concentrava sulla creazione di buoni prodotti di consumo, la 2.0 cercherà di promuovere la ricerca di base sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Per raggiungere questo obiettivo, finanzierà con 300 milioni di dollari l’anno i laboratori universitari in tutto il mondo nei prossimi 5-10 anni.

    Nello specifico, il suo interesse va prevalentemente ad aree come la computazione ottica e lo sviluppo di algoritmi e database. I progressi nella ricerca saranno integrati nei prodotti Huawei, contribuendo a trasformare i suoi smartphone in dispositivi intelligenti per il monitoraggio e l’elaborazione dei dati sanitari biometrici.

    “L’industria è alle prese con sviluppi importanti nel campo della ricerca di base”, ha sostenuto Xu. “Per esempio, sta mettendo in discussione i limiti della legge di Moore. E’ fondamentale, quindi, che le università e gli istituti di ricerca collaborino con l’industria”.

    Xu ha tenuto a precisare che l’istituto prosegue il percorso di collaborazioni di ricerca già intrapreso dall’azienda. Ma probabilmente non è una coincidenza che Huawei abbia scelto di formalizzare il suo raggio d’azione internazionale proprio nel momento in cui i rapporti della Cina con gli Stati Uniti hanno cominciato a deteriorarsi.

    Circa la metà delle entrate di Huawei proviene dall’estero, al 60 per cento dall’Europa, storicamente alleata con gli Stati Uniti. Pompando più denaro nei laboratori di ricerca universitari all’estero, l’azienda spera di consolidare la propria reputazione internazionale e contrastare gli impatti finanziari negativi a lungo termine, accelerando nel contempo il suo allontanamento dalle tecnologie americane.

    Il nuovo modello di investimento di Huawei sembra anche progettato per riconquistare amici e alleati nel campo della ricerca di fronte alla pressione degli Stati Uniti. L’azienda non pone alcun vincolo sulla proprietà intellettuale, ha affermato Xu, perché con i suoi finanziamenti vuole solo favorire la ricerca fondamentale e la diffusione dei risultati per condividere le conoscenze con il resto del settore.

    “Quale vantaggio ne ricava Huawei?” E’ stato chiesto a Xu. “Con i dati delle ricerche a disposizione, potremo applicare l’innovazione ingegneristica per trasformare queste conoscenze in prodotti”.

    Indubbiamente una politica così generosa a sostegno della ricerca globale aiuterà Huawei a conquistare posizioni nella guerra di pubbliche relazioni in corso con gli Stati Uniti. Sottolineando il suo spirito aperto alla collaborazione, Huawei fa apparire l’atteggiamento statunitense come un ostacolo sulla strada dell’innovazione.

    A oggi, Huawei è in una situazione precaria. Il mese scorso il suo CEO, Ren Zhengfei, ha previsto che l’inclusione nella lista nera degli Stati Uniti costerà 30 miliardi di dollari. Ma l’azienda è determinata a riprendersi, a partire dal 45 per cento della sua forza lavoro impegnata in R&S e dai suoi investimenti per la creazione di uno stack tecnologico completo, specialmente nel campo dell’IA.

    L’anno scorso, i dirigenti aziendali hanno annunciato di voler più che raddoppiare la spesa annuale per R&S portandola vicino ai 20 miliardi di dollari, una somma che collocherebbe l’azienda tra il quinto e il secondo posto nella spesa mondiale per R&S.

    Se Huawei avesse successo, sarebbe un duro colpo agli Stati Uniti che adottano una politica aggressiva per tenere a freno l’azienda e più in generale l’industria tecnologica cinese. Potrebbe rappresentare un esempio per altre aziende cinesi incluse nella lista nera e di conseguenza indebolire la leadership americana nel settore della ricerca.

    Molti in Cina vedono Huawei alla stregua di un simbolo nazionale e pensano che gli Stati Uniti stiano agendo in modo scorretto. Il risentimento ha già portato a un calo delle vendite di iPhone e a un aumento delle vendite di Huawei, e potrebbe avere effetti simili nella comunità di ricerca. Le aziende tecnologiche cinesi riluttanti a collaborare con i ricercatori americani potrebbero ritirare i loro finanziamenti e cercare collaborazioni altrove.

    Durante l’intervista, Xu ha menzionato solo di sfuggita l’impatto delle relazioni USA-Cina su Huawei. Questa “omissione” fa capire che l’azienda continuerà ad andare avanti per la sua strada con o senza il supporto americano. “La scienza non ha confini”, ha concluso Xu. “Per sua natura richiede una collaborazione globale”.

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