La paura è che le ricadute dello sviluppo tecnologico sull’economia procedano a un passo troppo lento.
di David Rotman
Un nuovo saggio provocatorio di Tyler Cowen, un economista, e Patrick Collison, il co-fondatore di Stripe, la startup che si occupa di pagamenti online, chiede a gran voce la creazione di “una nuova scienza del progresso“.
Ma come si può definire il progresso? La loro risposta è: “La combinazione di miglioramenti nei campi economico, tecnologico, scientifico, culturale e organizzativo che hanno trasformato le nostre vite e migliorato il tenore di vita …”
L’obiettivo di questa nuova disciplina dovrebbe essere quello di accelerare i progressi. In genere i cambiamenti, essi sostengono, sembrano aver origine in momenti specifici e in luoghi particolari.
Perché la Silicon Valley si è sviluppata in California, si chiedono, e non in Giappone o a Boston?
“Possiamo deliberatamente progettare le condizioni idonee per progredire o modificare efficacemente i sistemi che ci circondano oggi?” Questa possibilità, spiegano i due autori, rende gli studi sul progresso “più vicini alla medicina che alla biologia: l’obiettivo è quello di trovare i rimedi, non semplicemente di capire”.
Certamente, gli economisti temono che i notevoli progressi che abbiamo fatto in gran parte del XX secolo si stiano fermando, nonostante l’abbondanza di nuove e importanti tecnologie.
Cowen stesso è l’autore, alcuni anni fa, di The Great Stagnation, e Collison l’anno scorso ha collaborato alla scrittura di un articolo in cui si sosteneva che la scienza sta perdendo il suo appeal. “Mit Technology Review” ne ha parlato nel fwd Economy del maggio di quest’anno.
Ma il saggio di Cowen e Collison è stato accolto con molto scetticismo su Twitter, con commenti del tipo: “I due fondatori di Stripe hanno appena scoperto qualcosa chiamato storia?
Un altro contributo è quello di Gina Neff, una sociologa dell’Oxford Internet Institute, che ha raccolto “i contributi di persone alle prese con queste domande sui cambiamenti tecnologici ed economici attuali“.
I contributi si muovono in diverse direzioni e sarebbe un errore respingere queste proposte senza approfondirle.
E’ vero che possiamo fare affidamneto sull’economia dell’innovazione, la sociologia della scienza e della tecnologia e la storia della scienza, ma come sostiene Diane Coyle, nonostante tutti gli studi, non abbiamo ancora le risposte a molte importanti domande sul progresso economico.
Non sappiamo come l’IA influenzerà l’economia. Non sappiamo perché non riusciamo a garantire la prosperità a tutti. Ancora più importante, non abbiamo alcuna idea di come guidare i politici e gli imprenditori ad accelerare il processo.
E, come precedentemente evidenziato da Coyle, non abbiamo nemmeno una definizione concordata di progresso e del modo per misurarlo.
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