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    Sulle tracce della neurodegenerazione

    Un semplice esame del sangue può segnalare con precisione la presenza di neurodegenerazione nelle persone affette da problemi cognitivi.

    di Lisa Ovi

    Si definisce neurodegenerazione la progressiva perdita della struttura o della funzione dei neuroni che può portare alla morte cellulare e comporta sintomi come difficoltà cognitive e perdita di memoria. I processi neurodegenerativi sembrano iniziare molto prima che il declino cognitivo diventi evidente.

    La possibilità di diagnosticare queste malattie debilitanti precocemente permetterebbe di mettere in atto misure preventive il prima possibile ,oltre a fornire un’occasione di approfondimento delle loro cause. A tal fine, sono stati identificati biomarcatori affidabili e accessibili in grado di riconoscere o escludere la presenza di processi neurodegenerativi nel cervello responsabili.

    I biomarcatori attualmente utilizzati per identificare i disturbi neurodegenerativi sono identificati nel fluido che circonda il cervello e la colonna vertebrale, il liquido cerebrospinale. Questo fluido viene estratto utilizzando una procedura invasiva chiamata puntura lombare. 

    Lo sviluppo di test semplici per la demenza, come un esame del sangue, ha eluso i ricercatori per molto tempo, ma gli ultimi anni hanno visto i ricercatori fare progressi nello studio di biomarcatori del sangue capaci di fornire una valutazione più accessibile e confortevole.

    Un nuovo studio, condotto su oltre 3000 persone al King’s College London ha dimostrato per la prima volta che un singolo biomarcatore può indicare con precisione la presenza di una sottostante neurodegenerazione nelle persone con problemi cognitivi.

    Pubblicata su Nature Communications e finanziata in parte dal NIHR Maudsley Biomedical Research Centre, la ricerca ha identificato nelle proteine NfL un biomarcatore capace di identificare individui a rischio di malattie neurodegenerative prima che i sintomi clinici si facciano definitivi.

    I danni alle fibre nervose, infatti, provocano il rilascio di proteine NFL, identificabili nel sangue grazie a test ultrasensibili anche a bassi livelli e per ogni tipo di processo neurodegenerativo, a differenza della tau fosforilata specifica del morbo di Alzheimer.

    Lo studio ha dimostrato che le concentrazioni di NfL nel sangue sono più alte negli individui affetti da disturbi neurodegenerativi rispetto a quelli senza problemi cognitivi, soprattutto nel caso di persone con demenza da sindrome di Down, malattia del motoneurone e demenza frontotemporale. Nonostante il test non possa distinguere tra una forma di demenza e l’altra, è però in grado di qualificarne la gravità.

    Lo studio ha anche calcolato, in base all’età, i livelli di concentrazione della NfL che possono rappresentare la presenza di un processo neurodegenerativo. Questi valori si sono rivelati accurati al 90% nel caso di individui di età superiore ai 65 anni, al 100% nel caso di malattia del motoneurone e della sindrome di Down. È importante sottolineare che l’analisi della NfL è stata in grado di distinguere la depressione dai disturbi neurodegenerativi.

    Il dottor Nicholas Ashton del King’s College di Londra, principale autore dello studio, conclude: “Stiamo entrando in un periodo entusiasmante in biomarcatori rilevabili da esami del sangue come l’NfL plasmatico o la tau fosforilata, ci offrono l’occasione di approfondire quanto sappiamo dei disturbi cerebrali”.

    (lo)

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