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    L’attivismo climatico è un movimento globale, ma non basta

    Secondo un sondaggio, bisognerà insistere per ottenere i cambiamenti politici sul clima disperatamente necessari.

    di James Temple

    Milioni di studenti, lavoratori e cittadini di ogni età hanno partecipato alle recenti manifestazioni contro i cambiamenti climatici, in quella che è stata, probabilmente, la più grande protesta condotta ad oggi a favore di azioni politiche concrete sul clima. Condotti in vista del vertice delle Nazioni Unite per il clima a New York, gli scioperi contro i cambiamenti climatici segnalano la crescente natura globale del potente movimento attivista. 

    “Gli scioperi climatici sembrano aver rappresentato un punto di svolta”, dichiara Costa Samaras, direttore del Center for Engineering and Resilience for Climate Adaptation dellal Carnegie Mellon. “I progressi politici sui cambiamenti climatici nascono dai politici e i politici contano i voti. Le strade erano inondate di potenziali elettori. ” La domanda, ovviamente, è se la pressione e il numero di voti sono sufficienti a promuovere politiche e trattati rigorosi di fronte alla forte polarizzazione dei governi. 

    Le richieste dichiarate dai giovani, preoccupati per i cambiamenti a cui assisteranno nel corso della propria vita, comprendono l’interruzione immediata dell’utilizzo di combustibili fossili, un rapido passaggio a fonti di energia rinnovabili al 100%, nonchè “equità, indennizzi e giustizia climatica”. Alcuni politici hanno preso atto delle crescenti richieste globali di intervento. Un ampio piano da miliardi di dollari a favore del clima è il biglietto d’ingresso per qualsiasi candidato di sinistra alle imminenti elezioni presidenziali statunitensi. Ma l’elettorato ha davvero cambiato sufficientemente atteggiamento sulla minaccia dei cambiamenti climatici? 

    Secondo una serie di sondaggi nazionali condotti dalle università di Yale e George Mason, la percentuale di cittadini statunitensi seriamente preoccupati per i cambiamenti climatici è aumentata del 17%, per un totale prossimo al 60% degli intervistati. Un altro 17% è ancora dubbioso. Il livello di preoccupazione è ancora più elevato a livello globale. Secondo un sondaggio del Pew Research Center pubblicato all’inizio di quest’anno, in 26 nazioni, una media del 68% degli intervistati percepisce i cambiamenti climatici come una minaccia grave e solo il 9% non li considera una minaccia in assoluto. 

    Queste opinioni riflettono una profonda polarizzazione tra i partiti politici, particolarmente negli Stati Uniti. Secondo i sondaggi della Yale e George Mason, tra il marzo 2016 e l’aprile 2019, la percentuale di democratici convinta che il riscaldamento globale debba essere una priorità “molto alta” per li governo è passata dal 39% al 48%, mentre tra i repubblicani, la percentuale del 6% del marzo 2016 era al 5% nell’aprile 2019. I sondaggi suggeriscono che la polarizzazione si fa meno pronunciata tra i conservatori più giovani.

    Il divario elettorale rappresenta ancora una sfida matematica molto difficile per i politici statunitensi. Secondo un recente sondaggio condotto dal Washington Post e dalla Kaiser Family Foundation, quasi l’80% degli americani crede che i cambiamenti climatici rappresentino un “grave problema”. Ciò non significa che siano pronti a pagare il prezzo per affrontarlo. Solo il 47% degli americani si è dichiarato disposto a pagare una tassa mensile di $2 sulle bollette elettriche, mentre il 71% si è opposto a una tassa di $10 e il 64% ha respinto un aumento del 10% al gallone sulla benzina. Una solida maggioranza si è però dichiarata favorevole all’aumento delle tasse per le benestanti e inquinanti società del carbonio. 

    Per i giovani attivisti che guidano le proteste climatiche, tuttavia, non si tratta di un problema economico, tecnico o politico. È una questione di sicurezza, sopravvivenza e fare la cosa giusta per il futuro. “La gente sta soffrendo, la gente sta morendo, interi ecosistemi stanno crollando”, ha accusato Greta Thunberg, l’attivista svedese di 16 anni che ha dato il via al movimento degli scioperi scolastici per il clima, rivolgendosi ai leader mondiali del vertice sui cambiamenti climatici. “Siamo all’inizio di un evento di estinzione di massa e tutto ciò di cui volete parlare sono soldi e le fiabe della crescita economica eterna. Come vi permettete?” 

    Man mano che le generazioni più giovani raggiungono l’età del voto, i sentimenti elettorali potrebbero benissimo cambiare radicalmente, ma potrebbe rivelarsi troppo tardi per un problema che è effettivamente irreversibile. Qualunque livello di riscaldamento raggiungeremo quando finalmente le emissioni saranno a zero rimarrà la temperatura del pianeta per centinaia di anni. Per quanto le proteste alimentino la speranza di un cambiamento a livello popolare, il rapporto recentemente pubblicato dalle Nazioni Unite sulle minacce già esistenti è molto duro. 

    Gli impatti climatici “stanno colpendo con più forza e prima” di quanto previsto un decennio fa. Gli anni tra il 2015 e il 2019 si stanno dimostrando i più caldi ami registrati. L’aumento dei livelli dei mari sta accelerando. Limitare il riscaldamento globale ai 2°C, già un livello più elevato di quanto la maggior parte degli scienziati ritenga sicuro, richiederà ora che le nazioni triplichino i tagli alle emissioni promessi nell’accordo di Parigi del 2015. 

    Eppure, la speranza di vedere governi e aziende al vertice sul clima descrivere i propri propositi su come ridurre le emissioni è andata nuovamente delusa. “La maggior parte delle principali economie non si è dimostrata all’altezza”, spiega Andrew Steer, amministratore delegato di World Resources International. “La loro mancanza di ambizione è in netto contrasto con la crescente domanda di azione in tutto il mondo.” 

    Potrebbero essere necessari svariati cicli elettorali per ottenere cambiamenti significativi, a meno che qualche nuovo fattore eccezionale non emerga a stimolare candidati e proposte politiche.

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