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    I climatologi non vogliono un secondo mandato Trump

    Finora, l’amministrazione americana ha cercato di indebolire le regolamentazioni per le aziende petrolifere e del gas, le norme sugli idrofluorocarburi, quelle federali sulle emissioni dei veicoli e la possibilità per stati come la California di stabilire leggi più rigide a difesa dell’ambiente.

    di James Temple

    Daniel Schrag ha trascorso la maggior parte della sua vita a lavorare sul cambiamento climatico. Ha studiato il riscaldamento del pianeta dall’inizio della sua carriera, è stato consulente per il clima del presidente Barack Obama ed è ora direttore del Centro per l’ambiente di Harvard. Di fronte alla possibilità che il presidente Donald Trump venga rieletto, Schrag dice di essere decisamente preoccupato per il futuro delle istituzioni democratiche e per la corruzione profonda, in particolare nel Dipartimento di Giustizia”. 

    “L’unica buona notizia” egli continua, “è che non sono state ancora messe in crisi le istituzioni di base della democrazia”. Ho sentito risposte simili più volte mentre chiedevo a climatologi ed esperti di politiche cosa comporterebbe una rielezione di Trump. Dopo anni passati a guardare l’amministrazione rovesciare le politiche climatiche, sovvertire lo stato di diritto, bloccare i tribunali, politicizzare la pandemia, minare il passaggio elettorale e accennare al terzo e quarto mandato, le persone a cui ho chiesto sono terrorizzate da ciò che il presidente potrebbe fare se resta in carica per altri quattro anni o più.

    Ken Caldeira, un climatologo della Carnegie Institution, ha detto: “Beh, prima di tutto, viene la domanda: ‘Gli Stati Uniti diventeranno un regime dittatoriale e totalitario’?”. Danny Cullenward, docente alla facoltà di giurisprudenza di Stanford, ha risposto: “Non si sta perseguendo una politica sul clima. Gli Stati Uniti sono fallimentari in questo campo”.

    “Se Trump non viene rieletto, continuerò a occuparmi del cambiamento climatico e non sarà semplice”, afferma Jane Long, ex direttore associato del Lawrence Livermore National Lab. “Ma se viene eletto, la razza umana corre dei rischi seri”. In ogni caso, ho chiesto agli esperti di andare oltre le loro paure e opinioni politiche e di parlare in modo specifico di cosa potrebbe significare un secondo mandato Trump per il cambiamento climatico. Sono emersi diversi temi chiari.

    Marcia indietro sulle regole

    Quattro anni in più consentirebbero alla Casa Bianca di bloccare molti dei provvedimenti ambientali adottati per ridurre le emissioni climatiche. Tutti questi tentativi sono al vaglio dei giudici, ma una rielezione di Trump darebbe all’amministrazione più tempo per combattere queste battaglie, rivedere argomenti e strategie legali e portare i tribunali dalla sua parte, afferma Leah Stokes, esperta di politica ambientale presso l’Università della California, a Santa Barbara.

    Altri quattro anni sono anche un periodo lungo per mettere il bavaglio agli scienziati nelle agenzie federali e sostituirli con personale favorevole agli interessi industriali. La morte del giudice della Corte Suprema Ruth Bader Ginsburg alla fine della scorsa settimana offre l’occasione al presidente di spostare l’equilibrio della corte più a destra. Sembra che i senatori repubblicani si stiano preparando a sostituire Ginsburg con il candidato di Trump prima delle elezioni e abbiano i voti per farlo.

    Quindi, anche se Biden vince e i Democratici si assicurano la maggioranza in entrambe le Camere del Congresso e riescono a emanare leggi radicali sul clima, tale legislazione è ora maggiormente a rischio di non riuscire a passare il vaglio della Corte Suprema. Nel frattempo, se Trump vincesse, le successive sentenze della Corte Suprema o della Corte federale potrebbero confermare le politiche normative della Casa Bianca e stabilire precedenti nel diritto ambientale che potrebbero durare per decenni.

    Ciò avrà un impatto pesante sul futuro del clima. Secondo una recente analisi del Rhodium Group, le sole modifiche normative sopra citate invierebbero nell’atmosfera l’equivalente di altri 1,8 miliardi di tonnellate di anidride carbonica entro il 2035 . Stiamo parlando di più delle emissioni annuali di combustibili fossili della Russia.

    Sul filo di lana

    L’amministrazione ha già fatto capire in che direzione si sta muovendo, attaccando non solo leggi specifiche, ma anche le basi della regolamentazione ambientale. L’Environmental Protection Agency (EPA) sta ora riscrivendo le regole della contabilità normativa in modi che minano la capacità del governo di giustificare le restrizioni all’industria in favore del bene pubblico.

    L’amministratore dell’EPA, Andrew Wheeler, ha annunciato l’intenzione di modificare i parametri dei costi-benefici adottati per qualsiasi regolamento proposto, ignorando essenzialmente decine di miliardi di dollari di benefici indiretti per la salute pubblica. Utilizzando i nuovi risultati, ha già sostenuto la necessità di annullare le norme sulle emissioni di mercurio delle centrali a carbone. Il mercurio è una neurotossina che inquina i corsi d’acqua e avvelena i frutti di mare.

    L’EPA sta anche prendendo in considerazione una regola per escludere la ricerca scientifica in cui i dati grezzi sottostanti non sono disponibili. È un tentativo di ignorare la scienza che coinvolge soggetti umani, in cui i dati medici personali non possono essere condivisi o tali divulgazioni richiederebbero un lavoro complesso. Di fatto si sta chiedendo ai responsabili delle politiche pubbliche di ignorare gli studi di base che dimostrano chiaramente i devastanti effetti sulla salute e le morti premature associate all’inquinamento atmosferico.

    In entrambi i casi, l’amministrazione Trump sta tentando di smantellare tutti i tipi di protezioni esistenti per garantire la difesa del clima. Con le parole di Weeks:”Se non è possibile eseguire un’analisi costi-benefici, come giustificare eventuali normative ambientali?”.

    Le conseguenze della posizione americana a livello internazionale

    Gli Stati Uniti contribuiscono direttamente a circa il 14 per cento delle emissioni totali mondiali di combustibili fossili. Ma le elezioni potrebbero avere effetti molto più ampi su ciò che il mondo fa o non fa anche per affrontare il cambiamento climatico. Trump ha annunciato l’intenzione di uscire dall’accordo sul clima di Parigi durante i suoi primi mesi da presidente e potrà farlo ufficialmente all’inizio di novembre. Se viene rieletto, quella che poteva essere interpretata come un’aberrazione nella politica americana apparirà al resto del mondo come la perdita permanente di qualsiasi leadership statunitense sulla questione.

    Già ora, i leader di Brasile e Australia stanno rifiutando apertamente le richieste di politiche più aggressive per il clima, l’India sembra riabbracciare il carbone e sentimenti ultranazionalisti stanno crescendo in gran parte del globo. Ma altre parti, in particolare l’Unione Europea e la Cina, stanno intensificando i tentativi di ridurre le emissioni o aumentare la produzione domestica di energia pulita, individuando opportunità geopolitiche e di mercato che gli Stati Uniti stanno abbandonando. Questa settimana, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la Cina si è impegnata a diventare carbon neutral entro il 2060.

    I giochi sono ancora aperti

    Potrebbero esserci ancora alcuni limiti alla capacità del presidente di fermare tutti i progressi climatici degli Stati Uniti. Se Trump viene rieletto, ma i Democratici prendono il controllo del Senato e mantengono la Camera, la capacità dell’amministrazione di far passare determinate leggi sarebbe limitata. Potrebbero anche partire nuove indagini e aprirsi la possibilità di mettere sotto accusa il presidente e rimuoverlo dall’incarico.

    Inoltre, California, New York, Washington e altri stati potrebbero continuare a fare da apripista in materia di clima, fornendo mercati regionali e banchi di prova per regolamenti e tecnologie per ridurre le emissioni. La maturazione del mercato della tecnologia pulita significa che i costi delle energie rinnovabili, delle batterie e dei veicoli elettrici continueranno a diminuire e la domanda aumenterà. 

    Indipendentemente dalle normative, un numero crescente di aziende sta adottando misure per ridurre la propria impronta di carbonio aziendale e gestire i rischi climatici per le proprie attività. Anche le aziende petrolifere e del gas stanno affrontando pressioni pubbliche a causa della diminuzione della domanda, dei prezzi in calo e delle maggiori difficoltà a raccogliere capitali per i progetti.

    Ma l’ottimismo sembra fuori luogo. Gli Stati Uniti sono sull’orlo di una calamità dalla quale difficilmente potranno riprendersi.

    Foto: AP / Andrew Harnik

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