Il Premio Nobel per la Fisica 2021 è stato assegnato, per le sue ricerche sui sistemi complessi, al prof. Giorgio Parisi, fisico teorico della Sapienza Università di Roma, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e attualmente Vicepresidente dell’Accademia dei Lincei.
di Gian Piero Jacobelli e Alessandro Ovi
Da vari anni si attendeva che l’Accademia reale svedese delle scienze conferisse il Premio Nobel per la fisica a Giorgio Parisi. In effetti, di premi il prof. Parisi ne aveva già ricevuti tanti e importanti, dalla Medaglia Boltzmann nel 1992 alla Medaglia Max Planck nel 2010, dal Premio Lars Onsager nel 2016 al Premio Wolf per la fisica nel 2020, per citare solo alcuni dei riconoscimenti conferiti allo studioso italiano.
Tutti questi riconoscimenti facevano riferimento ai suoi contributi alla scienza della complessità, che hanno riscosso un impatto rilevante in molti campi, dalla biologia alla medicina, dalla sociologia alla finanza. Per inciso, questi riconoscimenti, che testimoniano quanto il prof. Parisi fosse autorevolmente noto nelle maggiori istituzioni scientifiche mondiali, lasciano intendere d’altro lato il valore della sua decisione di restare in Italia, come docente alla Sapienza Università di Roma, come ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, di cui era stato presidente il suo maestro Nicola Cabibbo, e infine, quando nel 2018 lasciò per limiti d’età l’insegnamento universitario, come Vicepresidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei.
Questo Premio Nobel comporta quindi non soltanto un omaggio alla genialità dello studioso, ma anche un omaggio alla scienza italiana, in particolare alla Scuola di Fisica romana, che risale a Enrico Fermi, anch’egli Premio Nobel nel 1938.
A differenza degli scienziati illuministi e positivisti, i quali pensavano che, se fosse stato possibile conoscere le condizioni iniziali dell’universo, si sarebbe potuto calcolarne tutti gli sviluppi, la matematica e la fisica contemporanee, ma potremmo aggiungere anche la filosofia, hanno compreso come quella della conoscenza costituisca una sequenza infinita, in cui conoscere significa appunto accrescere continuamente il numero dei fattori, e come ogni nuovo fattore comporti una sorta di feedback da cui viene mutato l’ordine dei fattori precedenti, accrescendone la complessità.
Ma è proprio sulla complessità, una complessità che riguarda sia il mondo della materia sia il mondo della vita, dalla scala atomica a quella planetaria, che fa leva la riflessione del prof. Parisi, per trarne, se non delle leggi, quanto meno delle regole che consentano non tanto delle previsioni quanto degli orientamenti concettuali e operativi.
Non a caso gli altri scienziati insigniti, insieme al prof. Parisi, del Premio Nobel per la fisica, l’americano Syukuro Manabe e il tedesco Klaus Hasselmann, si sono occupati di modelli climatici e meteorologici, vale a dire di un ambito di studi in cui la nozione di complessità ha trovato una delle sue prime rappresentazioni.
I modelli messi a punto dal prof. Parisi, come si è accennato, vanno oltre, coinvolgendo le proprietà fondamentali di qualsiasi sistema complesso, dalla durata dei materiali alle dinamiche epidemiologiche e soprattutto al comportamento delle reti neurali naturali e artificiali.
In proposito, a conferma della importanza che attribuisce alla dimensione sia teorica sia applicativa di questi studi “cibernetici”, lo stesso prof. Parisi, in una delle numerose interviste rilasciate in occasione dell’assegnazione del Premio Nobel, ha dichiarato: «Vorrei io stesso riprendere in mano l’Intelligenza Artificiale per rimetterla in moto».
(gv)