Nel nuovo mondo di realtà virtuale condivisa, la creazione di avatar metterà le persone di fronte alla domanda di come sono veramente e di quale immagine di se stessi vogliono comunicare.
di Tanya Basu
Nella visione del metaverso di Facebook, interagiremo tutti in un mashup del mondo digitale e del mondo fisico. Le rappresentazioni digitali di noi stessi mangeranno, parleranno, si incontreranno, faranno acquisti e altro ancora. Questa è l’immagine che Mark Zuckerberg ha dipinto quando ha rinominato la sua azienda Meta un paio di settimane fa.
La goffa presentazione del fondatore di Facebook utilizzava un cartone animato, un avatar di se stesso, impegnato in cose come le immersioni subacquee o la conduzione di riunioni. Ma Zuckerberg alla fine ha detto che il metaverso dovrà includere avatar molto più realistici ed empatici. Se ciò succederà, allora dovremo affrontare alcune domande impegnative sui rapporti con gli altri. In che modo queste versioni virtuali di noi stessi possono cambiare il modo in cui ci percepiamo il nostro corpo, nel bene e nel male?
Gli avatar non sono un concetto nuovo, ovviamente. I giocatori li usano da decenni: le creature pixelate e squadrate di Super Mario hanno lasciato il posto alle forme iperrealistiche di Death Stranding, che si muovono stranamente come un essere umano vivente e ci coinvolgono emotivamente.
Ma il modo in cui usiamo gli avatar diventa più complicato quando ci aspettiamo che agiscano come rappresentazioni di noi stessi al di fuori del contesto di un particolare giocop. Una cosa è vestire la tuta e il twang di Mario. Un’altra è creare un avatar che agisca come la rappresentazione, della nostra persona. Gli avatar del metaverso parteciperanno a situazioni che potrebbero comportare una posta in gioco più alta del tesoro in una gara. Nelle interviste o negli incontri, questa auto-presentazione potrebbe svolgere un ruolo importante.
Per alcune persone, gli avatar rappresentano una verifica di se stessi. Ma crearne uno può essere conflittuale. Il giocatore Kirby Crane, per esempio, ha recentemente condotto un esperimento in cui ha cercato di fare una cosa semplice: creare un avatar che gli assomigliasse in 10 diversi videogiochi. “Il mio obiettivo non era tanto esplorare la filosofia degli avatar, ma crearne uno che mi riflettesse”, afferma Crane, che si descrive come un “grasso, gay e trans”.
Alcuni giochi non consentivano a un avatar di essere un maschio con il seno, cosa che Crane trovava limitante, poiché suggeriva che l’unico modo per essere maschio fosse presentarsi come un maschio. Nessuno degli avatar, alla fine, gli assomigliava veramente. “Non che io abbia bisogno di conferme da parte di sviluppatori di giochi casuali, ma è disumanizzante vedere parametri predefiniti”, dice.
L’esperimento di Crane non è scientifico, né fornisce alcuna indicazione su come funzionerà il metaverso, ma apre una finestra sul perché gli avatar nel metaverso potrebbero avere conseguenze di vasta portata su come le persone si sentono e vivono nel mondo reale e fisico.
Ciò che complica ulteriormente la questione è l’annuncio di Meta di Codec Avatars, un progetto all’interno del braccio di ricerca VR/AR di Facebook, Reality Labs, che sta lavorando per creare avatar fotorealistici. Zuckerberg ha evidenziato alcuni dei progressi compiuti dal gruppo nel far sembrare gli avatar più umani, sia dal punto di vista della espressione dei sentimenti sia da quello della resa corporea. “Nel metaverso molti non vorranno assomigliare al se stesso reale”, ha detto il fondatore di Facebook. “Per questa ragione le persone si truccano o si fanno tatuaggi”.
Questa iperpersonalizzazione potrebbe consentire agli avatar di ritrarre realisticamente l’esperienza vissuta di milioni di persone che, come Crane, hanno finora trovato la tecnologia limitante. Ma le persone potrebbero anche fare il contrario e creare avatar che sono versioni idealizzate e malsane di se stessi: modificare le labbra e il sedere per avvicinarsi all’immagine di un mito sexy o schiarire la pelle per giocare con stereotipi razzisti. In altre parole, cosa succede se l’avatar che si presenta è diverso da come si è in realtà?
Jennifer Ogle della Colorado State University e Juyeon Park della Seoul National University hanno condotto quest’anno un piccolo studio che potrebbe far luce su come gli avatar influenzano l’immagine corporea. Hanno reclutato 18 donne di età compresa tra 18 e 21 anni che hanno affermato di avere problemi di immagine corporea, ma di non aver mai fatto nulla per risolvere il problema. Le donne sono state divise in due gruppi. Uno ha partecipato a un programma per migliorare l’immagine di se stessi prima di creare un avatar virtuale che assomigliasse esattamente a loro, l’altro ha partecipato a un programma più generico.
I risultati hanno mostrato quanto fosse difficile per le donne vedersi da un punto di vista in terza persona. Una donna ha detto: “Non mi piaceva come il mio avatar appariva … non lo so, semplicemente non pensavo di avere quell’aspetto … mi ha fatto sentire a disagio”. I corsi per migliorare l’idea che si ha del proprio corpo hanno portato a un momentaneo aumento dell’autostima, che è comunque scomparso una volta che queste donna hanno visto i loro avatar.
Ciò non è di buon auspicio per il metaverso, dove è probabile che gli avatar saranno il modo principale con cui comunichiamo e interagiamo gli uni con gli altri. Noelle Martin, esperta legale della University of Western Australia e coautrice di un prossimo articolo sul metaverso di Meta, solleva esattamente queste preoccupazioni. “Se le persone sono in grado di personalizzare i loro avatar umani virtuali iperrealistici 3D, o alterare, filtrare e manipolare le loro identità digitali, si potrebbe verificare una potenziale dismorfia da selfie e disturbi alimentari legati a irrealistici standard di bellezza, in particolare per le ragazze”, ha detto via e-mail.
Questo timore non è infondato. Facebook è stata criticata per aver messo a tacere una ricerca interna in cui si indica che Instagram ha un effetto tossico sull’immagine corporea delle ragazze adolescenti. Un rapporto del “Wall Street Journal” ha scoperto che il contenuto dell’app si concentra sul corpo e sullo stile di vita, rendendo gli utenti più suscettibili alla dismorfia corporea.
Ma nel metaverso, dove gli avatar saranno il modo principale per presentarsi in molte situazioni, le persone vulnerabili potrebbero sentirsi ancora più spinte a modificare il proprio aspetto. E Martin dice che gli avatar personalizzabili nel metaverso possono essere usati anche per “amplificare le ingiustizie e le iniquità razziali”.
La portavoce di Meta, Eloise Quintanilla, ha affermato che l’azienda è consapevole dei potenziali problemi: “Ci stiamo ponendo domande importanti, per esempio che modifiche apportare per garantire che gli avatar siano un’esperienza positiva e sicura”. Microsoft, che ha recentemente annunciato i propri piani per il metaverso, ha a sua volta studiato come funziona l’uso degli avatar, sebbene la sua ricerca sia stata fortemente focalizzata su ambienti di lavoro come le riunioni.
La prospettiva di avatar del metaverso per bambini solleva tutta un’altra serie di questioni legali ed etiche. Roblox, la piattaforma di gioco di grande successo il cui mercato principale sono i bambini, ha utilizzato a lungo gli avatar come mezzo principale con cui i giocatori interagiscono tra loro. L’azienda ha annunciato i propri piani per un metaverso il mese scorso. Il CEO e fondatore David Baszucki ha dichiarato che il metaverso di Roblox è un luogo “dove si può essere chiunque si voglia essere. Stiamo pensando ad avatar completamente personalizzabili, per favorire un’esplosione di creatività, non solo tra i nostri creatori, ma anche tra i nostri utenti”.
In definitiva, gli avatar rappresentano come vogliamo essere visti. Eppure non c’è un piano per quello che potrebbe accadere se e quando le cose dovessero andare storte. La tecnologia deve percorrere una linea sottile, rimanendo abbastanza realistica da essere fedele all’identità delle persone senza minacciare la salute mentale degli umani dietro gli avatar. Come dice Park: “Non saremo in grado di fermare il metaverso quindi dobbiamo prepararci con saggezza”. I precedenti mostrano che le aziende di social media sono ben consapevoli degli effetti sulla salute della loro tecnologia, ma i governi sono indietro nel proteggere i più vulnerabili.
(rp)