Tutte le connessioni Internet sono saltate, rendendo difficile le operazioni di valutazione dei danni provocati dal disastroso evento. E impedendo di coordinare le missioni di soccorso
di Chris Stokel-Walker
Hunga Tonga–Hunga Ha’apai, un vulcano sottomarino al largo della costa di Tonga, ha eruttato diverse volte negli ultimi 13 anni, ma l’episodio più recente, il 15 gennaio, è stato probabilmente il più distruttivo. L’esplosione ha avuto conseguenze globali: a più di 9.000 km di distanza, le onde causate dall’eruzione hanno fatto annegare due persone in Perù.
Ma le conseguenze estese dell’esplosione vulcanica sui tongani non sono ancora chiare perché Tonga non ha più collegamenti Internet ed è diventato molto più difficile coordinare le missioni di soccorso o salvataggio. In un mondo altamente interconnesso, Tonga è ora “al buio”. Secondo i dati di Cloudfare, un’azienda che si occupa di servizi di sicurezza in rete, il traffico Internet è precipitato quasi a zero intorno alle 17:30 ora locale del 15 gennaioi. Doug Madory di Kentik, un’azienda di monitoraggio del traffico web, la connessione non è stata ancora ripristinata.
Il motivo per cui Tonga è offline non è ancora noto con certezza, ma le prime indagini indicano che il cavo sottomarino che collega la sua Internet al resto del mondo è stato distrutto dall’esplosione. “Tonga utilizza quasi esclusivamente un cavo sottomarino per connettersi a Internet”, afferma Madory.
Il Tonga Cable System percorre 830 km tra Tonga e Fiji, portando il servizio Internet alle due nazioni insulari. In precedenza, tale connessione era supportata da una connessione Internet satellitare. “Credo che l’onda risultante dall’esplosione del vulcano abbia distrutto le antenne paraboliche”, dice Madory.
Digicel, l’operatore di rete mobile che possiede una partecipazione di minoranza nel cavo insieme al governo tongano, ha dichiarato che tutte le comunicazioni con il mondo esterno a Tonga sono interrotte a causa dei danni. Southern Cross Cable, un’azienda con sede in Nuova Zelanda che gestisce cavi di interconnessione con il Tonga Cable System, ritiene che ci sia una possibile rottura a circa 37 km dalla costa. Un’altra ipotesi è che il cavo sottomarino sia interrotto a circa 48 km dalla capitale di Tonga, Nuku’alofa.
In genere, queste interruzioni vengono rilevate inviando luce lungo il nucleo in fibra ottica del cablaggio e calcolando quanto tempo impiega il segnale a ritornare indietro, come avviene quando viene interrotto, afferma Christian Kaufmann, vicepresidente della tecnologia di Akamai. “Se ciò fosse confermato, ci vorranno giorni, forse settimane, prima che il cavo venga riparato”, spiega Madory.
Non è la prima volta che l’infrastruttura Internet di Tonga è afflitta da problemi. Nel gennaio del 2019, il paese ha subito un blackout della rete quasi totale per la rottura di un cavo sottomarino. I rapporti iniziali indicavano che una tempesta magnetica e un fulmine avrebbero potuto danneggiare il collegamento, ma un’indagine successiva ha scoperto che l’ancora di una nave battente bandiera turca aveva interrotto la linea. La risoluzione del problema è costata circa 200.000 dollari e, durante i lavori, l’isola ha fatto affidamento su connessioni Internet satellitari.
È probabile che i satelliti saranno la salvezza della linea Internet di Tonga nel breve termine, ma “le enormi quantità di cenere sollevate nell’aria dall’eruzione potrebbero anche influenzare la connettività satellitare”, afferma Kaufmann.
Riparare il cavo non sarà facile. Le navi mercantili specializzate incaricate di riparare le rotture, che si verificano ogni settimana da qualche parte in tutto il mondo, anche se con una forza inferiore a quella che potrebbe essere derivata dall’eruzione, devono essere inviate sul sito di rottura. La CS Resilience, una nave ora al largo della Papua Nuova Guinea, a quasi 4.800 km di distanza, potrebbe intervenire, ma non prima di qualche giorno o settimana.
“I paesi pagano un piccolo sovrapprezzo per avere la precedenza sulle riparazioni”, afferma Madory”. Le navi devono sollevare il tubo a bordo dalla profondità del mare per risolvere il problema e poi calarlo nuovamente in acqua. La tecnica non è sostanzialmente cambiata negli ultimi 150 anni.
Ci sono, ovviamente, fattori che possono complicare il processo. È probabile, per esempio, che Tonga sia circondata da navi che cercano di fornire aiuti al paese, il che potrebbe significare che il cablaggio di Internet passa in secondo piano per salvare vite umane, ripristinare l’energia e fornire cibo e acqua essenziali.
Il punto preciso della rottura può rendere le operazioni più complesse. In genere, più la rottura è lontana dalla riva, più profondo è il cavo e più difficile è portarlo a bordo della nave. Tutto ciò, senza considerare che le linee elettriche a terra che aiutano a mantenere la connessione online potrebbero essere danneggiate in modo irreparabile.
L’interruzione di Internet mostra quanto la connettività Internet mondiale possa dipendere da singoli incidenti. “È una di quelle storie che smentiscono l’idea che Internet sia stata progettata per resistere a guerre nucleari”, afferma Alan Woodward, professore di sicurezza informatica dell’Università del Surrey nel Regno Unito”.
Woodward sostiene che eventi fisici rari come le esplosioni vulcaniche sono difficili da prevedere, ma i paesi dovrebbero cercare di mantenere la ridondanza attraverso più collegamenti sottomarini e, idealmente, garantire più percorsi in modo che un incidente localizzato non influisca su più linee.
Ma la ridondanza non costa poco, specialmente per una piccola nazione di poco più di 100.000 persone come Tonga. È anche probabile che con una massiccia eruzione come questa, il movimento del fondale abbia provocato una fessura in un qualsiasi cavo secondario, anche se posato dall’altra parte di Tonga.
“Il problema più generale è la resilienza delle infrastrutture”, afferma Andrew Bennett, esperto di Internet del Tony Blair Institute for Global Change. “Anche se il Regno Unito o gli Stati Uniti non hanno una situazione come Tonga, ci sono sempre più tensioni geopolitiche sulla dislocazione dei cavi sottomarini.
Bennett suggerisce due opzioni per colmare il divario di connettività. Uno è il rapido lancio di Internet via satellite e l’’altro è investire più soldi per risolvere il problema. “Se si considera la resilienza dell’infrastruttura di Internet come un bene pubblico, i paesi che possono permettersela dovrebbero pagarla e fornirla ad altri”, afferma. Chiudere il divario digitale globale entro il 2030 costerebbe ogni anno solo lo 0,2 per cento del reddito nazionale lordo dei paesi dell’OCSE, secondo l’organizzazione europea.
Dato che Internet è sempre più visto come un quarto servizio vitale, insieme a riscaldamento, elettricità e acqua, un’interruzione così lunga per 100.000 persone è un problema serio, che amplifica i danni dell’eruzione. Inoltre, mette in evidenza la fragilità di alcune aree di Internet, in particolare al di fuori del ricco mondo occidentale. “Internet non si sgretola al centro”, conclude Woodward. “Ma sarà sempre un po’ sfilacciato ai bordi”.
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(rp)