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    Batterie al litio: quella marcia in più!

    In questa terza ed ultima puntata, scopriamo come la rivoluzione dell’elettronica industriale ha cambiato la faccia delle batterie … e del mondo.

    di Luca Longo

    Nella scorsa puntata, abbiamo raccontato la storia di come Whittingham abbia sviluppato le batterie al litio in risposta alla crisi petrolifera degli anni ’70 e Goodenough ne abbia impedito… l’esplosione.

    Con il calo del prezzo del petrolio, l’occidente perde interesse per l’elettricità: la nostra storia si sposta dunque in oriente.

    Dall’altro lato del pianeta, infatti, in quegli stessi anni è in corso una rivoluzione elettronica. Le industrie giapponesi si stanno scatenando nella produzione dei primi dispositivi a transistor: personal computer portatili che pesano solo 4 o 5 kg, videocamere, telefoni senza fili e walkman. Per questo, hanno bisogno di batterie leggere e potenti per alimentare i dispositivi con i quali stanno invadendo il mercato mondiale.

    Ed è questo il momento di Akira Yoshino, preso in giro fin da piccolo dai compagni di classe per il naso grosso. Oggi sostiene che proprio il suo fiuto lo convinse che quello era il momento giusto per lavorare sulle batterie.

    Batteria di Yoshino, The Royal Swedish Academy of Sciences

    Così, alla Asahi Kasei Corporation, prova a modificare il polo negativo della batteria di Whittingham e Goodenough sostituendo il litio metallico dell’anodo prima con grafite, che però si danneggia dopo pochi cicli di carica e scarica, e infine – nel 1986 – con del carbon coke, un sottoprodotto del petrolio.

    In questo modo, raggiunge tre vantaggi: taglia le vibrisse al gatto evitando i cortocircuiti, stabilizza l’anodo evitando l’esplosione del litio metallico e, se vogliamo, entra di diritto fra i pionieri dell’economia circolare riutilizzando un sottoprodotto petrolifero di difficile commercializzazione.

    E’ giunto il momento per avviare la produzione di massa: le batterie al litio negli ultimi trent’anni hanno praticamente eliminato ogni altra precedente tecnologia; con l’eccezione delle batterie piombo/acido solforico che da oltre un secolo trovano spazio accanto al motorino di avviamento sotto il cofano delle auto a benzina e diesel.

    A questo punto, la storia dei tre moschettieri delle batterie al litio e del premio Nobel che hanno meritato termina qui. Ma la storia delle batterie è ancora ben lontana dalla conclusione. Infatti – mezzo secolo dopo la loro scoperta – le moderne batterie al litio sono in grado di accumulare ben 2,5 MJ di energia per ogni Kg di peso, ma non sono ancora in grado di competere efficacemente con il diesel e la benzina, che in un solo Kg riescono a racchiudere 54 MJ, o con l’idrogeno, che arriva a 143 MJ/Kg.

    Ecco perché, in attesa che le ricerche dei tre moschettieri siano portate avanti da un futuro D’Artagnan, tutti i nostri dispositivi mobili – dagli auricolari alle auto elettriche – sono vincolati dal peso e dalla scarsa autonomia delle batterie che li alimentano. Ed ecco perché noi siamo sempre a caccia di una presa per ricaricare i nostri dispositivi mobili.

    (lo)

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