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    Come funziona la terapia con l’MDMA

    Un paziente, inserito in uno studio pionieristico per la cura dei disturbi da stress post traumatico, descrive il modo in cui è cambiata la sua vita con la droga psicoattiva.

    di Charlotte Jee

    Nathan McGee aveva solo quattro anni quando ha vissuto il trauma che lo avrebbe portato alla terapia con l’MDMA quasi quattro decenni dopo. Negli anni successivi, i medici gli hanno detto a più riprese che soffriva di disturbo da deficit di attenzione e iperattività, ansia, depressione ed era dislessico. Nel 2019 gli è stato diagnosticato un disturbo da stress post-traumatico. Nathan è passato attraverso una vasta gamma di farmaci: antidepressivi, pillole per l’ansia e compresse per calmare gli effetti dell’ADHD. Ma non era quello che voleva. 

    “Non mi ero mai sentito veramente felice, non importa cosa stesse succedendo nella mia vita”, dice. “Mi sono sempre sentito irrequieto, ho sempre sentito un disagio di fondo. Le cose non si collegavano nella mia testa. Era come se mi si fosse scollegato un cavo e io cercassi di inserirlo di nuovo”. Alla fine, Nathan ha sentito parlare di uno studio che stava testando l’uso dell’MDMA per il trattamento del disturbo da stress post-traumatico grave ed è riuscito a entrare in uno studio clinico di fase 3, l’ultimo ostacolo prima che i regolatori statunitensi valutassero se approvare la terapia.

    L’MDMA è uno psicoattivo sintetico con la reputazione di essere una droga diffusa tra i frequentatori di discoteche, meglio conosciuta come ecstasy, E o molly. Fa sì che il cervello rilasci grandi quantità di serotonina chimica, che provoca un effetto euforico, ma è stato anche scoperto che riduce l’attività nel sistema limbico del cervello, che controlla le nostre risposte emotive. Questo meccanismo sembra aiutare le persone con disturbo da stress post-traumatico a rivisitare le loro esperienze negative in terapia senza essere sopraffatte da forti emozioni come paura, imbarazzo o tristezza.

    Per testare questa teoria, la Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies, un’organizzazione no profit con sede in California, ha proposto lo studio randomizzato in doppio cieco, a cui ha preso parte Nathan. I partecipanti hanno seguito tre sessioni di otto ore, durante le quali sono stati somministrati placebo o due dosi di MDMA prima di discutere i loro problemi e ricevere consulenza da due terapisti qualificati.

    Nel maggio del 2021, i risultati dello studio sono stati pubblicati su “Nature Medicine”. Erano mozzafiato. Dei 90 pazienti che hanno partecipato, quelli che hanno ricevuto MDMA hanno riportato risultati significativamente migliori rispetto agli altri. Due mesi dopo il trattamento, il 67 per cento dei partecipanti al gruppo MDMA non aveva più PTSD, rispetto al 32 per cento del gruppo placebo. 

    Ben Sessa, un ricercatore britannico coinvolto nel lancio della prima clinica di terapia psichedelica del paese, a Bristol, afferma che la Food and Drug Administration degli Stati Uniti potrebbe approvare la psicoterapia assistita da MDMA per il disturbo da stress post-traumatico entro la fine del 2023.

    Ci sono altri studi in corso negli Stati Uniti, nel Regno Unito e altrove per verificare se composti come la psilocibina e la ketamina potrebbero essere usate in modo simile per aiutare a curare le malattie mentali. I primi segnali sono positivi e, se confermati, potrebbero cambiare le prospettive terapeutiche nel mondo della salute mentale. Ho parlato con Nathan della sua esperienza con la terapia assistita con MDMA. 

    Nathan McGee. Ben Rasmussen

    Come si sono manifestati i suoi problemi di salute mentale?

    Prima di partecipare allo studio, le cose non andavano bene per me. Tutto quello che avevo provato fino ad allora non aveva funzionato. Ho perso il lavoro a gennaio del 2018. Mi era già successo, ma questa volta è stato diverso. Ho deciso che dovevo fare di tutto per risolvere i miei problemi. Se il mio terapista mi avesse detto che dovevo spogliarmi nudo e camminare in un centro commerciale affollato e questo mi avrebbe aiutato, l’avrei fatto.

    Come si è imbattuto in questo studio?

    Ero collegato a Internet ie stavo facendo ricerche sul PTSD da alcune ore, quando mi sono imbattuto in questo studio. Ho pensato che avrei potuto candidarmi. Poi mi è passato di mente e non l’ho detto nemmeno a mia moglie. Due mesi dopo, ho ricevuto una telefonata da loro, in cui mi chiedevano se potevano intervistarmi. 

    Come erano le sessioni?

    Quando si arriva sul posto, sembra di entrare in un palazzo di uffici. Una volta dentro, vieni portato in una stanza con un divano, lenzuola, coperte e un cuscino. C’è musica che suona, e questo è una parte integrante dell’intera esperienza. È molto rilassante. Sembra quasi di essere in un centro benessere. C’è molta luce solare che penetra dalla finestra e si possono vedere una lunga fila di alberi e un canale. Poi entrano i due terapisti. Controllano i tuoi parametri vitali: la temperatura, la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca e così via. Si chiacchiera un po’ su cosa la persona spera di ottenere dall’esperienza. 

    L’accensione di una candela indica che la seduta sta iniziando. Sembra quasi un’esperienza religiosa o spirituale. Uno dei terapisti torna con un piattino con sopra una pillola da ingoiare. Lo fai, quindi ti siedi e aspetti, parlando con loro. Mi ricordo che a un certo punto ho detto di non avere mai preso niente del genere prima e che, a essere sinceri, ero un po’ nervoso.

    Subito dopo sono andato in bagno e guardandomi allo specchio mi sono reso conto che le mie pupille sembravano puntini. La mia mente sembrava schiudersi. Mi avevano detto in anticipo le sensazioni sarebbero arrivate a ondate, e così è stato. Ho deciso di sdraiarmi e di mettermi una mascherina sugli occhi per bloccare la luce in modo da poter ascoltare la musica. La mia mente ha iniziato a vagare. A quel punto, ero pronto a parlare con i terapisti. 

    Sono stato in grado di rivivere quasi l’esperienza traumatica senza tutto lo stigma, la pressione e l’emozione provati in precedenza. Analizzavo il tutto, come se fosse stato un film. Gli avvenimenti mi apparivano più comprensibili, senza quel carico emotivo che avevo provato. Più tardi, nel corso della giornata mi hanno dato un’altra dose meno forte del farmaco, per allungare l’esperienza. Mia moglie è venuta a prendermi. In seguito, mi ha detto di aver visto una differenza immediata in me. Le sono sembrato molto più calmo. Si fanno tre tipi di sessioni simili in un giorno e poi si torna per alcune di quelle che chiamano sessioni di “consolidamento”, in cui si riepiloga tutto ciò che si è appreso. 

    Come si sente adesso?

    Alla grande. Questa terapia ha cambiato radicalmente la mia vita. Mi sento vivo. Capisco cos’è la gioia adesso. Non fluttuo su una nuvola, non sono mai triste. Quando mi sento giù, non mi sembra la fine e non mi lascio cadere in uno stato catatonico. So che è solo una giornata di merda, che capita a tutti di avere. Prima, mi sentivo costantemente stressato e mi sembrava di non aver mai fatto nulla di buono. Ora apprezzo quello che ho. Mia moglie, le mie due figlie, tutta la mia famiglia e i miei amici: mi piace molto di più la loro compagnia ora che mi preoccupo meno di me stesso. Anche il mio rapporto con i miei genitori è migliorato enormemente.  

    Ho 43 anni adesso. Avevo quattro anni quando mi è capitata questa esperienza traumatica. Ha avuto un impatto profondo su di me, in modi che solo ora capisco. Ha cambiato il modo in cui vedevo il mondo. E quello che sto iniziando a imparare ora è che c’è una differenza tra chi sono veramente e chi sono a causa degli effetti del trauma. C’è questo me di base che è sempre esistito. È stato difficile per me non confondere gli alti e bassi della mia vita con chi sono realmente. Ho ripreso le fila di quel me stesso di quattro anni, e vedo la vita come qualcosa da esplorare e apprezzare piuttosto che qualcosa da sopportare. 

    Cosa direbbe alle persone che stanno pensando di sperimentare una terapia psichedelica?

    Ci sono problemi dal punto di vista legale difficili da risolvere. Ma allo stesso tempo ci sono molte persone che stanno soffrendo e cercano conforto, o qualsiasi tipo di sollievo. Non si tratta solo di assumere farmaci. Non approvo o condanno l’uso ricreativo della sostanza, ma se uno pensa: “Guarirò la mia depressione facendomi un po’ di Molly”, potrebbe rimanere deluso. Devi avere accanto le persone giuste per guidarti attraverso di essa e aiutarti a sentirti sicuro e forte. È un’esperienza fantastica, ma solo se la si porta avanti nel modo giusto.

    (rp)

    Immagine: Andrea Daquino

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