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    I 5 pianeti da esplorare nel sistema solare

    Oltre a Marte, ci sono altri pianeti che meritano un’indagine approfondita per capire se possono ospitare, o avere ospitato, la vita.

    di Neel V. Patel

    Con il lancio di tre missioni su Marte questa estate (incluso il nuovo rover della NASA, Perseverance), la ricerca della vita sul Pianeta Rosso sta facendo un salto di qualità. Le ragioni di questo rinnovato interesse sono evidenti: Marte è l’unico mondo extraterrestre oltre alla Luna che gli esseri umani possono realisticamente raggiungere entro una generazione. Le iniziative hanno un senso anche da una prospettiva scientifica. 

    Suniti Karunatillake, un esperto di astronomia planetaria della Louisiana State University, sostiene che è l’unico altro pianeta roccioso nel sistema solare che può aiutarci a spiegare parte dei processi geologici chiave che troviamo oggi sulla Terra, come vulcani, formazioni rocciose sedimentarie e calotte di ghiaccio fatte di acqua. 

    Ma potrebbe essere il momento di chiederci se queste valutazioni ci stanno portando a ignorare il resto del nostro sistema solare. L’entusiasmo per Marte tende a favorire un circolo virtuoso in cui più risorse sono dedicate all’esplorazione del pianeta, con sempre nuove scoperte che inducono i settori pubblico e privato a dedicare più investimenti all’esplorazione di Marte e così via. 

    In realtà, ci sono molte ragioni valide per iniziare a intensificare l’esplorazione di altri mondi relativamente vicini. Di seguito proponiamo cinque luoghi alternativi da studiare in maggiore dettaglio, dal più vicino al più lontano.

    Venere

    Il secondo pianeta del sistema solare è la prova di quello che avrebbe potuto essere il destino della Terra se le cose fossero andate un po’ diversamente. I due pianeti sono simili per dimensioni, massa e composizione geologica. Sembrano avere anche storie geologiche simili, specialmente quando si tratta di attività vulcanica (alcuni dati indicano che Venere ha ancora vulcani attivi). Come Marte, anche Venere sembra essersi evoluto seguendo un percorso simile a quello terrestre.

    Immagine realizzata con i dati raccolti dalla sonda Magellano della NASA e dal Pioneer Venus Orbiter. NASA/JPL-Caltech

    Oggi, tuttavia, Venere ha una delle atmosfere più dense tra tutti i pianeti che conosciamo, composta per oltre il 96 per cento di anidride carbonica. La pressione in superficie equivale a essere a oltre 900 metri sott’acqua sulla Terra. La temperatura al suolo arriva a 464 °C, più calda anche di Mercurio. I gas serra la fanno da padrone e l’hanno reso totalmente inospitale, forse una versione estrema di come potrebbe essere la Terra in un futuro molto lontano.

    Il mistero circonda Venere perché le sue condizioni atmosferiche rendono difficile studiarlo. Nuvole di acido solforico impediscono di osservarne la superficie e il calore e la pressione estremi distruggono la maggior parte dell’elettronica e delle attrezzature per l’atterraggio in un tempo molto breve. Ciò significa che il radar è stato l’unico modo in cui siamo stati in grado di studiarne la superficie. 

    Venus Express dell’ESA, lanciata nel 2005, è stata l’ultima grande missione per studiare con successo il pianeta in dettaglio, e le missioni Vega dell’Unione Sovietica nel 1985 hanno inviato gli ultimi grandi lander su Venere. “Per questo motivo, i dati a disposizione sono relativamente meno dettagliati rispetto a Marte”, afferma Karunatillake.

    Ma la situazione è destinata a cambiare presto. Ci sono state nuove proposte negli ultimi anni per esplorare Venere; le più importanti sono DAVINCI + (una sonda che studierebbe l’atmosfera) e VERITAS (un orbiter che userebbe nuovi strumenti per mappare la superficie). Una di queste proposte potrebbe essere approvata l’anno prossimo e trasformata in una vera e propria missione più avanti nel decennio. Dati gli alti costi degli strumenti necessari ad affrontare le sfide del pianeta, tutto dipenderà dalle decisioni politiche. 

    Cerere

    Il pianeta nano è il più grande asteroide del sistema solare. La sua geologia è diversificata. Sotto la crosta, probabilmente formata per il 30 per cento di ghiaccio, potrebbe ospitare un oceano sotterraneo salato. La sua atmosfera è quasi assente e potrebbe essere prodotta dal vapore acqueo esposto alla luce solare. Sono presenti criovolcani (o vulcani di ghiaccio) che sputano acqua, ghiaccio e sali. Considerare la presenza di composti organici e l’idea che Cerere una volta fosse abitabile – o potrebbe essere abitabile attualmente – non è esclusa. 

    Il cratere Occator su Cerere. NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

    L’unico tentativo di esplorare Cerere da vicino è stato il veicolo spaziale Dawn della NASA, che ha raggiunto Cerere nel 2015. Dawn ha osservato Cerere dall’orbita per tre anni, fino a quando non ha esaurito il carburante nel novembre 2018. Gli scienziati stanno ancora analizzando i dati raccolti dalla missione e di conseguenza non c’è urgenza di tornare sul pianeta. 

    Comunque, in considerazione delle nuove ipotesi sulla presenza dell’acqua, un gruppo internazionale di scienziati sta già proponendo una missione, dal nome Calathus, che dovrebbe raccogliere un campione dal cratere Occator di Cerere per aiutare a valutare quanto sia realmente abitabile il pianeta nano. 

    Europa

    La quarta luna più grande in orbita attorno a Giove è probabilmente il posto migliore nel sistema solare per cercare la presenza di vita extraterrestre. È probabile che sia sede di un oceano sotterraneo di acqua liquida, mantenuto caldo attraverso le forze di marea e, pur rimanendo un ambiente estremo, potrebbe ospitare la vita allo stesso modo delle sorgenti idrotermali profonde negli oceani terrestri. Su Europa sono stati trovati minerali simili all’argilla spesso associati alla materia organica sulla Terra, il che fa ben sperare sulla presenza di attività biologica sulla luna gioviana. 

    Vista di Europa dalla sonda Galileo della NASA. NASA/JPL-Caltech/SETI

    Si sono già effettuati numerosi passaggi ravvicinati al pianeta, con veicoli spaziali e la sonda spaziale Galileo che ha orbitato attorno a Giove dal 1995 al 2003. Ma il suo potenziale astrobiologico spinge al più presto per una missione dedicata a esplorarlo. Per il 2022 è previsto il lancio del Jupiter Icy Moon Explorer (JUICE) dell’ESA, che porterà a termine due sorvoli ravvicinati di Europa per poi spostarsi su Ganimede. 

    La missione principale, tuttavia, è l’Europa Clipper della NASA, che dovrebbe essere lanciata nel 2024. Clipper orbiterà attorno a Giove, ma effettuerà circa 45 sorvoli ravvicinati su Europa e utilizzerà una suite di strumenti per studiare la superficie e il sottosuolo. Se c’è vita in quell’oceano, Clipper potrebbe essere in grado di trovare le prove che si stanno cercando.

    Titano

    La seconda luna più grande di Saturno è l’unica nel sistema solare con un’atmosfera densa e ricca di azoto come quella terrestre, e l’unico posto oltre alla Terra dove ci sono prove evidenti di laghi sulla superficie. Ma questi laghi non sono fatti d’acqua, ma di metano. È possibile che la vita primitiva possa prosperare in questi ambienti  proprio come farebbe nell’acqua. Ciò richiederebbe l’inalazione di idrogeno invece di ossigeno, metabolizzandolo con acetilene invece di glucosio ed espirando metano invece di anidride carbonica. Gli scienziati pensano anche che l’atmosfera abbia probabilmente incoraggiato la formazione di composti organici su Titano, un altro segnale della presenza di vita. 

    Una ricostruzione di Titano con immagini riprese dall’orbiter Cassini. NASA/JPL/University of Arizona

    Ma, fino a oggi, non è stato dimostrato esattamente quanto potrebbe essere abitabile Titano e se è in possesso di altri composti organici che potrebbero aiutare la vita ad evolversi. Alcuni dei dati più affidabili su Titano provengono dalla sonda Cassini che ha studiato il sistema Saturniano per circa 13 anni. Quella missione includeva il lander Huygens, che ha fornito osservazioni dall’atmosfera e dalla superficie di Titano prima di smettere di trasmettere solo 90 minuti dopo l’atterraggio. 

    La NASA sta pianificando una nuova missione per il 2026 chiamata Dragonfly, in cui un drone rotorcraft volerà intorno a Titano e studierà in modo più dettagliato la possibilità che la luna possa ospitare la vita. 

    Plutone

    Il pianeta nano orbitante nella parte esterna del sistema solare è praticamente una palla di ghiaccio, con una superficie composta al 98 per cento da azoto congelato e montagne ghiacciate. Ma nonostante tutto questo, un sorvolo del 2015 dalla sonda New Horizons della NASA suggerisce che si tratta di uno dei pianeti più eccentrici e inaspettatamente attivi del sistema solare. 

    Alla vista si presenta con una vasta gamma di colori, dal bianco ghiaccio al nero carbone al rosso intenso, ed è internamente più caldo del previsto, il che potrebbe significare la presenza di un oceano sotterraneo di acqua liquida sotto la crosta. 

    Una foto di Plutone ripresa dalla sonda New Horizons. NASA/JHUAPL/SWRI

    La sua atmosfera è costituita da un tenue strato di gas che include metano e i dati registrano alcune molecole organiche sulla superficie. Mentre la vita reale su Plutone è altamente improbabile, la semplice presenza degli ingredienti per la vita è rilevante. Studiando Plutone, “si può avere un’idea di ciò che accade nella fascia di Kuiper e di come siano presenti questi piccoli corpi geologicamente attivi e distanti dal Sole, ma che hanno ancora abbastanza energia interna per mantenere attivi questi processi”, dice Karunatillake. Plutone potrebbe essere il segno che la lontananza dal Sole non significa mancanza di vita.

    Come con Cerere, tuttavia, è passato troppo poco tempo dall’ultima missione per giustificare il semaforo verde di una nuova missione. Si dovrà probabilmente aspettare un altro decennio prima che la NASA o un’altra istituzione pensino che sia ora di lanciare un altro veicolo spaziale su Plutone.

    (rp)

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