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    La tecnologia risponde a 3 domande sullo spazio

    Gli astronomi utilizzano l’intelligenza artificiale, il supercalcolo e il cloud per fare chiarezza sui più grandi misteri dell’universo.

    di Tatyana Woodall

    Mentre gli scienziati spaziali raccolgono sempre più dati, gli osservatori di tutto il mondo stanno trovando nuovi modi per applicare il supercalcolo, il cloud computing e il deep learning per dare un senso a tutto. Ecco alcuni esempi di come queste tecnologie stanno cambiando il modo in cui gli astronomi studiano lo spazio. 

    Cosa succede quando i buchi neri entrano in collisione?

    Come studente post-dottorato negli Stati Uniti, l’astrofisico Eliu Huerta aveva iniziato a pensare a come la tecnologia avrebbe potuto favorire più scoperte nel suo campo. Poi i ricercatori hanno rilevato le onde gravitazionali per la prima volta nel 2015 con LIGO (Laser Interferometer Gravitational Wave Observatory). 

    Da allora gli scienziati hanno tracciato queste osservazioni e si sono dati da fare per imparare tutto ciò che potevano su queste forze sfuggenti. Hanno rilevato decine di altri segnali di onde gravitazionali e i progressi nell’informatica li stanno aiutando a tenere il passo. Come postdoc, Huerta aveva cercato le onde gravitazionali cercando di abbinare i dati raccolti dai rivelatori a un catalogo di potenziali forme d’onda, ma voleva trovare un modo migliore.

    All’inizio di quest’anno Huerta, che ora è uno scienziato computazionale presso l’Argonne National Laboratory nei pressi di Chicago, ha creato un sistema di intelligenza artificiale in grado di elaborare i dati di LIGO di un mese in soli sette minuti. I suoi algoritmi, che funzionano su processori speciali chiamati GPU, combinano i progressi dell’intelligenza artificiale e del calcolo distribuito. Usando computer separati o reti che agiscono come un unico sistema, Huerta può identificare luoghi gravitazionalmente densi come i buchi neri, che producono onde quando si fondono. 

    La collezione di modelli di intelligenza artificiale di Huerta è open source, il che significa che chiunque può usarli. “Non tutti hanno accesso a un supercomputer”, dice. “In questo modo si ridurranno le barriere per l’adozione e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale da parte dei ricercatori”.

    Come è cambiato il cielo notturno?

    Per quanto l’astronomia si sia espansa, il campo è stato lento nell’integrare il cloud computing. L’osservatorio Vera C. Rubin, attualmente in costruzione in Cile, diventerà la prima istituzione astronomica delle sue dimensioni ad adottare una struttura dati basata su cloud. Quando verrà avviato nel 2024, i dati acquisiti dal telescopio saranno disponibili nell’ambito del progetto Legacy Survey of Space and Time (LSST) che creerà un catalogo migliaia di volte più grande di qualsiasi precedente indagine del cielo notturno. Le ricerche passate venivano quasi sempre scaricati e archiviati localmente, il che rendeva difficile per gli astronomi accedere al lavoro degli altri.

    “Stiamo creando una mappa del cielo completo”, afferma Hsin-Fang Chiang, una dei partecipanti al team di gestione dei dati di Rubin. E nel processo, si sta costruendo “un enorme set di dati che sarà utile per molti diversi tipi di scienza in astronomia”. Sebbene il dottorato di ricerca di Chiang sia in astronomia, la sua ricerca iniziale non aveva nulla a che fare con l’indagine. Anni dopo, ha avuto la possibilità di essere coinvolta grazie alla vastità del progetto. È orgogliosa che il suo lavoro possa migliorare il modo in cui gli scienziati collaborano.

    Il progetto decennale fornirà al cloud una serie di dati e immagini di 500 petabyte, per aiutare gli astronomi a rispondere alle domande sulla struttura e l’evoluzione dell’universo.  “Per ogni posizione nel cielo, avremo più di 800 immagini”, afferma Chiang. “Si potrebbe persino vedere cosa è successo in passato. Quindi, specialmente per le supernove o per i fenomeni in costante cambiamento, si tratta di una prospettiva molto interessante”. 

    L’Osservatorio Rubin elaborerà e memorizzerà 20 terabyte di dati ogni notte mentre mappa la Via Lattea e oltre. Gli astronomi affiliati al progetto saranno in grado di accedere e analizzare tali dati da qualsiasi luogo tramite un browser web. Alla fine, le immagini scattate dal telescopio ogni notte verranno convertite in un database online di stelle, galassie e altri corpi celesti.

    Che aspetto aveva l’universo primordiale?

    I progressi nell’informatica potrebbero aiutare gli astronomi a riportare indietro l’orologio cosmico. All’inizio di quest’anno, gli astronomi giapponesi hanno utilizzato ATERUI II, un supercomputer specializzato in simulazioni astronomiche, per ricostruire l’aspetto che poteva avere l’universo già nel Big Bang. 

    ATERUI II sta aiutando i ricercatori a studiare l’inflazione cosmica, la teoria secondo cui l’universo primordiale si è espanso in modo esponenziale da un momento all’altro. Gli astronomi concordano sul fatto che questa espansione avrebbe lasciato variazioni estreme nella densità della materia che avrebbero influenzato sia la distribuzione delle galassie sia il modo in cui si sono sviluppate.

    Confrontando con la realtà 4.000 simulazioni dell’universo primordiale, tutte con diverse fluttuazioni di densità, gli scienziati potrebbero riavvolgere il tempo e chiedersi perché alcuni luoghi dell’universo presentano attività cosmica e altri ne sono privi. 

    Masato Shirasaki, un professore dell’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone, afferma che sarebbe quasi impossibile rispondere a questa domanda senza queste simulazioni. Il progetto richiede un’enorme quantità di memoria dati (circa 10 terabyte, equivalenti a 22.0000 episodi del Trono di Spade). 

    Il team di Shirasaki ha sviluppato un modello di come si pensa si sia evoluto l’universo e lo ha applicato a ciascuna delle simulazioni per vedere quale risultato potrebbe essere più vicino a come appare oggi. Questo metodo ha reso più facile esplorare la fisica dell’inflazione cosmica. 

    Nei prossimi anni, i metodi di Shirasaki potrebbero aiutare a ridurre i tempi di osservazione necessari per iniziative future come Spherex, una missione di due anni prevista per il 2024 che coinvolge un veicolo spaziale che orbiterà intorno alla Terra e osserverà quasi 300 milioni di galassie nel cielo. Grazie a questi progressi nell’informatica, la nostra comprensione dell’universo si sta espandendo, poco a poco.

    (rp)

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