Lo stesso tipo di reti neurali che permettono il riconoscimento facciale vengono ora utilizzate per cercare e fornire una descrizione della materia oscura.
di Neel V. Patel
Non abbiamo mai rilevato o misurato direttamente la materia oscura, ma sappiamo che esiste perché possiamo vedere la sua influenza sull’universo. Molti movimenti di diverse stelle e galassie non possono essere spiegati dalla gravità esercitata dalla materia che possiamo vedere. Qualcos’altro deve essere in gioco.
Tutta la materia, compresa quella oscura, è in grado di piegare leggermente i raggi luminosi e causare “lenti gravitazionali deboli” nelle osservazioni fatte dai nostri telescopi. Gli scienziati possono usare queste distorsioni per mappare le regioni del cielo notturno in cui è probabilmente situata la materia oscura.
Un team di ricercatori dell’ETH di Zurigo in Svizzera ha addestrato un modello di rete neurale, spesso impiegato per analizzare le immagini visive, per cercare indizi sottili di lenti gravitazionali deboli causate dalla materia oscura.
Il modello è stato addestrato con dati simulati relativi a quello che gli scienziati cercano in genere quando vanno alla ricerca della materia oscura. Il modello è risultato più accurato del 30 per cento rispetto agli scienziati umani nell’individuare ed etichettare i potenziali segni di materia oscura nelle immagini.
Il modello di apprendimento automatico è stato quindi utilizzato per analizzare le mappe di materia oscura create dal Kilo-Degree (KiDS) dell’European Southern Observatory.
I risultati riportati questa settimana in “Physical Review D” mostrano che il modello è stato in grado di analizzare le mappe in modo più dettagliato rispetto ai metodi attuali e ha definito la probabile collocazione della materia oscura in modo più nitido.
In futuro, il team spera di applicare il modello ad altre mappe cosmologiche per saperne di più sulla distribuzione e sul comportamento dell’energia oscura, una forza misteriosa che sta guidando l’espansione dell’universo.
(rp)