Una riflessione attraversa queste pagine di «Technology Review», che sempre più svolge un duplice ruolo: quello di anticipare cosa sta succedendo nel campo della scienza e della tecnologia e quello di anticipare cosa non sta succedendo o, meglio, cosa sta succedendo che non ci aspettava.
Giochi di parole che dicono come, nonostante l’impatto formidabile della rivoluzione digitale, il corso della civiltà contemporanea tenda a delinearsi in maniera non univoca, ma diversificata e diversificante: si passa dalla metafora del grande fiume a quella dei meandri che disegnano orografie sempre più complesse e imprevedibili.
L’analogico torna a rivendicare i propri diritti, che sono quelli delle forme naturali incompatibili con il cambiamento; il materiale torna a premere sul virtuale come un richiamo a una realtà che non va mai obliterata, neppure nelle simulazioni più attraenti e sollecitanti; l’hardware ribadisce che, per processare un’informazione, è indispensabile quanto il software.
Non c’è da stupirsi. Tutta la civiltà occidentale ha declinato contestualmente le coppie metaforiche del corpo e dell’anima, del cuore e del cervello, fino a quella, tanto fondamentale quanto paradossale, del dentro e del fuori: dentro di noi, fuori di noi, dentro il mondo, fuori del mondo e via dicendo. è inutile filosofeggiare: basta guardarsi intorno per rendersi conto che a prevalere è piuttosto la dialettica convergenza di quanto sembrava doversi dissociare e divaricare.
Si pensi, per esempio, alle esequie del Papa, che hanno richiamato a Roma milioni di persone, travolte da una imprevedibile commozione. C’è chi dice come una rivincita della presenza reale rispetto a quella mediata dai mezzi di informazione; c’è chi dice per partecipare «in diretta» a un grande spettacolo. Tutte ipotesi, più religiose o più laiche, che lasciano concettualmente insoddisfatti perché tutte parzialmente vere e tutte complessivamente false.
è evidente, infatti, che l’importanza di un evento scaturisce da esigenze profonde; che i mass media si fanno carico di potenziare e diffondere ovunque l’evento; che la partecipazione è un modo per recuperare la realtà al di là dell’informazione; che, infine, la gente applaudiva il Papa defunto e anche se stessa, come in un reality show di cui si è al tempo stesso protagonisti e spettatori.
Ma è anche evidente che la possibilità di dire «c’ero anch’io» deriva da una connessione di queste varie componenti. Da quella realtà di grado superiore, immediata, mediata e «rimediata» al tempo stesso, in cui presumibilmente consiste l’autentica rivoluzione del nostro tempo.