All’inizio di luglio il MIT ha dedicato due giorni di conferenze e cene di gala al professor Robert Langer per celebrare il trentesimo anniversario della nascita del suo laboratorio : il Langer Lab. Un laboratorio che è oggi il più prolifico al mondo quanto a numero di brevetti e di stimolo alla creazione di nuove imprese.
di Alessandro Ovi
Con i suoi oltre 500 brevetti, infatti, Langer è gia quarto nella classifica mondiale dopo Edison (1093), Lamelson (557) padre di camcorders, DVD players e programmi di Word Processing, e Land (535) inventore della fotografia istantanea e padre della Polaroid. E non solo ha pubblicato oltre 800 articoli sulle riviste più importanti, ma è anche un signore molto ricco.
Con tutto ciò, non per sentito dire, ma perché lo conosco personalmente, Bob Langer è una persona straordinariamente gentile e paziente. Ingegnere chimico di formazione, ha sempre seguito traiettorie di ricerca che lo hanno portato al di fuori delle sue conoscenze specifiche nel campo della medicina e della biologia.
Le sue ricerche si focalizzano sulla interfaccia tra la biotecnologia e la scienza dei materiali e si sviluppa dal punto di vista applicativo nella somministrazione «controllata» di farmaci quali proteine o geni attraverso barriere complesse del corpo umano, nelle inibizioni mirate di processi specifici, quali la crescita di nuovi vasi sanguigni, e nella ingegneria dei tessuti biologici.
Una attività di ricerca che abbraccia uno spettro di conoscenze molto ampio. La complessità del lavoro svolto da Langer risulta anche dall’essere stato capace di diventare membro della Accademia Nazionale delle Scienze, dell’Istituto di Medicina e della Accademia Nazionale di Ingegneria.
Una tripletta rarissima che lo fa definire dai colleghi uno scienziato rinascimentale, che rispetta in profondità il valore intrinseco della scienza, ma che sempre ne ha cercato un utilizzo industriale, comprendendone e promuovendone i grandi benefici per la lotta alle malattie, per la nascita di nuove imprese e per la creazione di posti di lavoro.
All’inizio le cose non erano state facili per lui perché l’ ampiezza delle sue visioni lo aveva spesso portato in rotta di collisione con i suoi colleghi più tradizionali riguardo al loro modo di procedere monosettoriale.
è diventato storico il sonoro «no» che Kornberg (Nobel 1959 per la medicina) e Flory (Nobel 1974 per la chimica) gli rivolsero alla sua prima presentazione di materiali plastici porosi per il rilascio controllato di farmaci costituiti da molecole di grandi dimensioni. «Tutto ciò è impossibile», gli dissero, «non crediamo a nulla di ciò che hai detto».
Ma Langer non si era scoraggiato e, grazie alla disponibilità di finanziamenti per la ricerca anche per le idee più trasgressive che c’era allora negli Stati Uniti, (oggi meno), il suo lavoro aveva potuto proseguire attirando gli studenti più dotati non solo di talento, ma anche di curiosità e di gusto per le cose difficili.
Quello che lui pretendeva scegliendo i ricercatori che chiedevano di lavorare con lui era la capacità di lavorare con altri di discipline diverse, di aprire il proprio lavoro al gruppo in cui erano inseriti e il desiderio di cercare spunti al di fuori dei propri campi di conoscenza.
E i successi sotto forma di pubblicazioni, brevetti, licenze, nuove società, avevano cominciato ad arrivare. Già all’inizio degli anni Novanta il Langer Lab era considerato un laboratorio di grande successo e attirava fondi importanti e studenti di grande talento. Veniva enfatizzata l’indipendenza e la libertà di idee e di lavoro, ma tutto sotto la guida invisibile e spontanea dei meno giovani senior graduate students e post doctoral associates.
L’ambiente multidisciplinare trovava un complemento nella struttura dei laboratori ad architettura aperta, dove la strumentazione condivisa e i seminari settimanali rendono facile e naturale la fertilizzazione incrociata tra menti e discipline diverse.
Ancora oggi si è invitati costantemente a pensare in grande, a perseguire idee che abbiano il potenziale per cambiare il mondo e a non aver paura di provare e riprovare.
Il gusto per questo modo di lavorare è evidentemente contagioso e atualmente sono più di duemila all’anno le domande di studenti da tutto il mondo per essere ammessi a godere di questo modo di lavorare.
Ma, assieme alla fertilità dell’ambiente, Langer è anche maestro nel promuovere le applicazione pratiche delle conoscenze costruite.
I ricercatori vengono incoraggiati a parlare delle loro idee all’ufficio brevetti del MIT prima di pubblicarle, in modo tale che al momento della loro divulgazione esse possano essere protette come proprietà intellettuale.
La conseguenza è che il Langer Lab è anche molto frequentato da imprenditori e venture capitalists che sanno di potervi trovare gli spunti per nuove iniziative di successo da sviluppare in esclusiva. La logica di Langer per arrivare con loro a buoni risultati industriali pare molto semplice:
-una grande idea concepita identificando bisogni rilevanti della società;
-alcuni lavori di base per stabilire i fondamenti scientifici di ciò che si vuole realizzare;
-un brevetto largo che protegga l’idea in tutte le sue ramificazioni;
-test preliminari che dimostrino l’efficacia della ricerca.
Poi via con l’imprenditore, affiancandolo, ma mai pretendendo di prenderne il posto, di avere il controllo dell’azienda perché, avviata un’impresa, il gestirla ruba il tempo necessario a inventare la prossima.
Un processo che Langer ha oramai seguito decine e decine di volte, usando per le prime due fasi gli studenti più giovani, quelli più desiderosi di esplorare il nuovo.
Anche per lui ascoltare i giovani è il primo indispensabile passo verso l’innovazione.