Il regime nordcoreano vede la criptovaluta come una scorciatoia per favorire lo sviluppo economico, sganciandosi dal sistema bancario globale.
di Mike Orcutt
Virgil Griffith avrebbe dovuto sapere che c’era una possibilità che la sua decisione di partecipare a una conferenza sulla criptovaluta in Corea del Nord poteva metterlo nei guai. Ora, sta vivendo in prima persona cosa possano significare le sanzioni statunitensi contro il Paese: rischia infatti fino a 20 anni di prigione.
Secondo una denuncia penale avviata la scorsa settimana dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, Griffith, che lavora per la Fondazione no-profit Ethereum, si è recato in Corea del Nord senza il permesso del Dipartimento di Stato, un requisito essenziale previsto dalla legge statunitense.
L’Ufficio federale delle indagini sostiene che Griffith ha successivamente cospirato per fornire “servizi” alla Repubblica democratica popolare di Corea (RPDC) in un modo che viola le sanzioni statunitensi.
I suoi difensori, tra cui il fondatore di Ethereum Vitalik Buterin, affermano che Griffith ha fatto una presentazione innocua sulla tecnologia open source, basata su informazioni che erano già disponibili al pubblico. Ma ora spetterà a un tribunale determinare se ciò che Griffith stava facendo con i nordcoreani lo porterà in prigione per due decenni. Nel frattempo, vale anche la pena di chiedersi: perché i nordcoreani lo hanno invitato?
Secondo la denuncia penale, Griffith ha partecipato alla conferenza Blockchain e Criptovaluta di Pyongyang insieme a circa altre 100 persone. Nelle sue dichiarazioni agli investigatori dell’FBI Griffith sostiene che il governo della RPDC ha approvato in anticipo la sua presentazione e un organizzatore della conferenza gli ha detto di “sottolineare i rischi di potenziale riciclaggio di denaro legati alla criptovaluta e alla tecnologia blockchain e le possibili sanzioni”.
Secondo l’FBI, Griffith e altri partecipanti hanno effettivamente discusso di questi argomenti, oltre a “come la RPDC potrebbe usare queste tecnologie per ottenere l’indipendenza dal sistema bancario globale”. Dopo l’evento, però, Griffith avrebbe cercato di aiutare uno scambio di criptovaluta tra la Corea del Nord e la Corea del Sud, un’operazione che avrebbe violato le sanzioni statunitensi.
Le sanzioni sono strumenti diplomatici di coercizione che i governi possono usare contro avversari stranieri. Il governo nordcoreano si trova ad affrontare restrizioni estese al commercio sotto forma di sanzioni degli Stati Uniti e di molte altre nazioni intenzionate a limitare il suo programma di armi nucleari.
Sfortunatamente per Griffith, le azioni esecutive di entrambe le amministrazioni di Obama e Trump hanno reso molto ampie le restrizioni imposte dagli Stati Uniti negli ultimi anni, poiché il conflitto sul programma di sviluppo delle armi è aumentato. I cittadini statunitensi non sono autorizzati a fornire “beni, servizi, o tecnologia alla Corea del Nord”.
Separato dal sistema finanziario globale, il regime nordcoreano sotto Kim Jong-un è alla ricerca di modi per far crescere la propria economia che non dipendano da quel sistema. Per questa ragione ritiene la tecnologia della criptovaluta e quella finanziaria in senso più ampio, così convincente, afferma John Park, direttore del Korea Project presso il Belfer Center della Kennedy School di Harvard.
Anche se le sanzioni economiche contro la Corea del Nord non ci fossero, la sua economia è così “sottosviluppata strutturalmente” che sostenere una valuta nazionale solida e costruirci intorno il suo commercio internazionale sarebbe estremamente difficile, dice Park.
I leader della Corea del Nord sono entusiasti del potenziale della criptovaluta come strumento per aiutare il regime a raggiungere questi obiettivi più rapidamente, senza dover fare affidamento su intermediari tradizionali come il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, continua Park.
Ad agosto, un rapporto delle Nazioni Unite ha rivelato che il regime aveva rubato fino a 2 miliardi di dollari attraverso attacchi informatici agli istituti finanziari, compresi gli scambi di criptovaluta, e stava usando i soldi per finanziare il suo programma di armi. Quel rapporto afferma che anche i funzionari nordcoreani stavano “estraendo” la criptovaluta e la usavano per finanziare i militari.
Questo tipo di comportamento ha contribuito a far accrescere quel senso di preoccupazione che gli Stati Uniti provano nei confronti della Corea del Nord per la continua espansione del suo programma di armi nucleari, spiega Park.
Cosa volevano realmente i nordcoreani da Virgil Griffith è difficile sapere. A settembre, Decrypt, un sito di notizie sulle criptovalute, ha pubblicato i dettagli forniti da un partecipante anonimo della conferenza di Pyongyang. La persona ha detto che gli altri partecipanti erano funzionari del governo, impiegati della banca statale e professori di economia.
Secondo questo informatore, i nordcoreani “volevano sapere come utilizzare Bitcoin in sostituzione di SWIFT”, il sistema globale di pagamento da banca a banca, ed erano anche interessati a utilizzare i contratti intelligenti di Ethereum per far rispettare automaticamente gli accordi al di fuori dei propri confini (Nel frattempo, un altro partecipante, Fabio Pietrosanti, ha recentemente dichiarato a “CoinDesk” che le sanzioni non sono state discusse alla conferenza).
Indubbiamente i nordcoreani hanno già una conoscenza del settore, ma se il regime vorrà utilizzare davvero la criptovaluta come strumento di sviluppo economico, ha molto lavoro da fare, afferma Park: “La raccolta di informazioni su come farlo è soltanto alla fase iniziale”.
(rp)