Strategie d’adattamento e interazione lasciano credere agli umani di essere al comando quando collaborano a compiti mondani con i robot.
di Mark Harris
Roomba ha un nuovo amico. Alcuni ricercatori hanno sviluppato un robot che può aiutare a pulire la cucina.
In una ricerca presentata al Robotics Science and Systems di Roma, a luglio, alcuni scienziati della University of Wisconsin-Madison hanno descritto come sono riusciti ad insegnare a un braccio robotico Kinova Mico a dare una mano nel lavaggio dei piatti. L’elemento chiave, apparentemente, sta nel rallentare e permettere ai membri umani della squadra di prendere il comando. “Vogliamo che i robot seguano il nostro esempio, o che perlomeno pianifichino le proprie azioni avendo consapevolezza delle nostre,” racconta Bilge Mutlu, professore associato in scienze informatiche, psicologia ed ingegneria industriale, autore della ricerca.
È tutta questione di collaborazione. I ricercatori hanno cominciato permettendo al robot di osservarli mentre si passavano i piatti disposti su di uno scolapiatti per poi impilarli sulle mensole. Un sensore Kinect registrava la velocità e la posizione delle braccia di chi passava i piatti e di chi li riceveva durante l’azione. La scena è poi stata ripetuta mentre il ricevente si muoveva al rallentatore, avendo un breve compito matematico da risolvere prima di poter depositare il piatto al proprio posto. Così facendo, la persona incaricata di passare il piatto si è adattata alla disponibilità del ricevente.
I ricercatori anno analizzato i dati ricavati da otto squadre di umani, ed hanno trovato che le persone usano una combinazione di due metodi quando hanno a che fare con un compagno lento. Alcuni attendono il momento in cui il compagno sarà pronto per il prossimo piatto, altri invece semplicemente rallentano per colmare il tempo intermedio.
Mutlu ha programmato il robot con il ruolo di passare i piatti e, facendo nuovamente uso del sensore Kinect, monitorato l’esecuzione del compagno umano. L’algoritmo ha raggiunto un’accuratezza del 90 percento nel prevedere quando il compagno umano sarebbe stato pronto a rievere il piatto. I ricercatori hanno poi programmato il robot a rispondere con tre differenti strategie.
In alcune occasioni, lavorava alla massima velocità possibile, offrendo il piatto attivamente, a prescindere dal fatto che l’umano fosse pronto a riceverlo o meno. Alte volte, attendeva che l’umano avesse finito con il primo piatto prima di offrire il successivo. In altre occasioni ancora, il robot imitava il comportamento umano, adattandosi al proprio compagno, rallentando il proprio movimento o attendendo.
È stato poi chiesto agli utenti una valutazione di ciascun sistema, secondo criteri quali consapevolezza, fluidità, intelligenza, e pazienza. La preferenza è andata ai robot reattivi e in grado di adattarsi. Il sistema intuitivo ed adattabile ha dato inoltre anche ottimi risultati per velocità (anche se il più veloce è stato il robot ‘insistente’). “C’è uno scambio favorevole tra la performance della squadra e l’esperienza dell’utente,” fa notare Mutlu. “Gli utenti desiderano interagire con i robot al proprio ritmo, a discapito di una massimizzazione di efficienza.”
Per quanto la capacità di un robot di imparare a mimare il comportamento umano dopo aver osservat una manciata di esempi possa colpire, Mutlu osserva che c’è ancora molto da fare: “Il prossimo passo sarà provare con una gamma di compiti, di modo da poter estrapolare quali siano gli elementi che hanno in comune, tanto quanto cosa li distingue gli uni dagli altri.” Mutlu pensa che si possa arrivare ad avere robot capaci di scaricare la spesa, porgere strumenti ai lavoratori umani e persino guidare pazienti durante esercizi di riabilitazione.
Se questi risultati verranno confermati, la prossima generazione di robot industriali e domestici passerà probabilmente meno tempo ad operare a velocità fulminea e più tempo ad osservare, ascoltare e reagire ai colleghi umani. La robotica lenta potrebbe presto essere disponibile nella cucina più vicina a voi.
(LO)