Una nuova tecnica per produrre materiali programmabili potrebbe portare a ogni sorta di dispositivo elettronico e medico.
di Mike Orcutt
Se state cominciando a stancarvi della stampa 3-D, preparatevi, perché è tempo di aggiungere una nuova dimensione. Questa settimana, un gruppo di ricercatori ha svelato un nuovo processo che permette di “stampare oggetti piatti in 4-D” e far cambiare loro forma immergendoli nell’acqua.
La dimostrazione si basa sul processo di stampa in scala microscopica http://www.technologyreview.it/stampa-3-d-su-microscala sviluppato sotto la guida di Jennifer Lewis, una scienziata dei materiali di Harvard. Le immagini sono affascinanti, ma non si tratta semplicemente di una nella presentazione. Questa ricerca accenna infatti alle potenziali applicazioni che potrebbero essere sviluppate grazie alla tecnologia.
La stampa 4-D, ovvero la stampa di oggetti “programmati” per cambiare forma, non è esattamente una novità. Tre anni fa Skylar Tibbits, uno scienziato del dipartimento di architettura del MIT, ha introdotto il termine durante una conferenza TED. Il processo sviluppato da Tibbit faceva uso di due materiali, uno rigido ed uno più morbido che si espandeva quando immerso nell’acqua.
La Lewis e i suoi colleghi hanno sviluppato un processo più semplice basato su un unico nuovo materiale, un composto fatto di una sostanza simile al gel abbinata a minuscole fibre di cellulosa. La rigidità di queste fibre, e il loro rigonfiamento in acqua, variano a seconda del loro allineamento. I ricercatori sfruttano questa loro caratteristica per “codificare” l’abilità di cambiare in una forma complessa prestabilita. La Lewis spiega che dovrebbe essere possibile utilizzare questo nuovo processo, abbinato a differenti inchiostri, per produrre oggetti che cambiano forma in risposta ad altri stimoli, come la luce. Le fibre di cellulosa potrebbero anche essere sostituite con materiali conduttivi per produrre dispositivi elettronici.
Questo approccio potrebbe persino rivelarsi utile per la progettazione di tessuti. Non lasciamoci trasportare troppo dalla fantasia, però – arrivando a pensare che questa tecnologia ci possa avvicinare ulteriormente alla realizzazione di “organi sostitutivi”. Una grande sfida che non è ancora stata superata consiste nello sviluppo di scaffold tridimensionali sui quali crescere nuove cellule e tessuti che contribuiscano alla riparazione degli organi. La Lewis spiega che il suo gruppo sta già esplorando questa ipotesi in laboratorio, crescendo cellule su delle superfici piane e quindi scatenando dei cambiamenti nella forma posizionandoli, ad esempio, sul sito di una ferita.