Gas Naturale Liquefatto: nuove tecnologie guidano il cambio di paradigma
di Luca Longo
La rivoluzione prodotta dal nuovo “mercato mondiale del gas” – che ora si affianca a quello già consolidato del petrolio – trae origine dalle nuove tecnologie sviluppate per la produzione, la liquefazione, il trasporto, la rigassificazione e, infine, la commercializzazione del Gas Naturale Liquefatto (LNG).
Il gas naturale, una volta estratto dai giacimenti profondi, generalmente nella parte superiore dei giacimenti petroliferi, o superficiali, tipicamente derivati da formazioni anaerobiche, subisce un semplice trattamento per eliminare acqua, azoto, anidride carbonica ed altre impurità. Viene quindi pompato, attraverso gasdotti (sotterranei o sottomarini), verso i terminali di liquefazione. Questi si trovano tradizionalmente in riva al mare, in prossimità di banchine per il trasporto via nave, ma sono già in costruzione i primi impianti galleggianti analoghi agli FPSO impiegati per il petrolio.
La liquefazione è il primo processo chiave: il gas viene progressivamente raffreddato fino a meno di -161.4 °C; a questo punto il gas subisce un cambiamento di stato fisico e passa in forma liquida. Questo permette di portare a un solo metro cubo ben 620-630 m3 di gas naturale. Il processo avviene in impianti di liquefazione composti da una o più linee (treni) di uguale capacità, funzionanti in parallelo, ciascuna delle quali comprende le sezioni di preraffreddamento, estrazione e frazionamento di residui di componenti pesanti, liquefazione e stoccaggio in grossi serbatoi dotati di un efficiente sistema di isolamento termico che permetta al gas immagazzinato di essere mantenuto al di sotto della sua temperatura di evaporazione per un tempo indefinito.
In fase di stoccaggio non è importante la resistenza alla pressione: generalmente questi serbatoi sono collaudati per resistere a pressioni di poche atmosfere. Per confronto, quelli che contengono il gas naturale allo stato gassoso ed a temperatura ambiente – ad esempio nei veicoli – sono progettati per pressioni di esercizio di oltre 200-300 atmosfere. Il fattore critico per l’LNG è un efficiente isolamento termico; per questo è economicamente vantaggioso che i serbatoi criogenici siano sferici ed il più grandi possibile minimizzando così la superficie di scambio termico rispetto al volume del serbatoio stesso.
Il LNG viene quindi pompato a bordo di speciali navi metaniere dotate di serbatoi simili ai precedenti e di impianti criogenici che permettano di mantenere il necessario isolamento termico.
Una volta che la nave metaniera è giunta a destinazione, Il gas, sempre liquefatto, viene trasferito dalla nave ad un serbatoio di stoccaggio all’interno del rigassificatore, dove mantiene le medesime condizioni fisiche di trasporto. Quest’ultimo, il secondo elemento chiave della tecnologia, è un impianto industriale che permette di riportare il prodotto dallo stato liquido utilizzato nel trasporto marittimo a quello gassoso utile per il trasporto terrestre ed il consumo finale. Gli impianti di rigassificazione possono essere realizzati a terra (su strutture onshore), oppure in alto mare (offshore), o su particolari terminali galleggianti ancorati al fondo del mare detti “unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione” (Floating Storage and Regasification Unit, FSRU), come l’impianto Offshore LNG Toscana davanti a Livorno. Esistono anche vere e proprie isole artificiali (GBS, Gravity Based Structure, come il Terminale GNL Adriatico al largo di Porto Levante, Rovigo).
Gli impianti onshore sono realizzati normalmente presso strutture portuali, per poter fruire del necessario supporto tecnico e logistico. Per motivi di sicurezza sono spesso esclusi dal bacino portuale, e si trovano su pontili in mare aperto. Esempi italiani di terminali onshore sono il Rigassificatore Eni di Panigaglia, sito a Portovenere in provincia di La Spezia, e quello in progetto a Gioia Tauro.
All’interno del rigassificatore, il LNG viene inviato ad un vaporizzatore che aumentandone la temperatura provoca il cambiamento di stato inverso con l’espansione del gas, che torna al suo stato fisico naturale. La variazione di temperatura avviene in genere tramite lo scambio termico in fasci tubieri tra gas liquido e acqua di mare, che cede il proprio calore al gas; la pressione invece viene ridotta tramite l’espansione del gas in appositi serbatoi. A questo punto il gas può essere immesso nella rete di distribuzione nazionale.
Anziché disperdere inutilmente in mare le frigorie prodotte, i rigassificatori possono essere abbinati ad impianti che prevedono l’uso di basse temperature (ad esempio stabilimenti di surgelazione di cibi), riciclando così l’energia frigorifera con evidenti risparmi energetici.
Eni gode di un forte vantaggio competitivo nell’LNG: è infatti presente in tutta la filiera, dalla produzione alla liquefazione, dallo shipping (su flotte di proprietà)alla rigassificazione. Grazie a questa integrazione ed a un portafoglio diversificato, Eni è in grado di cogliere repentini cambiamenti dei mercati assicurando alla società profitti significativi ed ai consumatori la certezza degli approvvigionamenti.
Negli ultimi anni i costi degli impianti di liquefazione sono aumentati significativamente – quattro volte rispetto al 2005 – sia per renderli più sicuri sia per aumentarne l’efficienza. Tutti i produttori di LNG si trovano ora a fronteggiare una molteplicità di sfide: elevato costo del lavoro e dei materiali (Canada), condizioni tecnologiche altamente sfidanti (artico russo e offshore australiano) o sviluppi in nuovi Paesi con complessi problemi politici (Africa orientale).
La sfida del LNG è sicuramente complessa, in particolare se consideriamo il recente crollo dei prezzi del petrolio che impatta sulle quotazioni dell’LNG, ma riserva un potenziale enorme grazie alla continua crescita dei consumi ed alla sempre più forte sensibilità verso la ricerca di fonti energetiche che comportino un limitato impatto ambientale.
(MO)