Molti paesi mantengono segrete le proprie riserve, per cui il prezzo del petrolio si basa su una gigantesca supposizione.
di Michael Reilly
Il picco del petrolio, ammesso che esista, è praticamente un bersaglio mobile. Si può dire lo stesso delle rilevazioni sulla quantità di petrolio già estratto e conservato in navi e magazzini sparsi nel mondo.
Non si tratta tanto dell’incapacità di misurare la quantità di petrolio che estraiamo dal terreno, quanto della segretezza con cui molti paesi trattano l’argomento.
Prendiamo ad esempio la Cina, che apparentemente starebbe acquistando più petrolio di quanto ne starebbe utilizzando. Come riportato dal Wall Street Journal, gli analisti ritengono che un esubero di 160 milioni di barili, sufficienti ad alimentare il paese intero per due settimane, sia stato destinato allo stoccaggio commerciale o all’aumento delle riserve strategiche del paese. Nel secondo caso, una volta riempite queste riserve, la Cina potrebbe improvvisamente ridurre gli ordini ed influenzare il mercato.
Le navi ancorate al largo di Singapore, nel frattempo, sembrerebbero contenere fino a 43 milioni di barili di petrolio. Il loro carico, però, viene semplicemente stimato sulla linea di galleggiamento; le loro cisterne potrebbero anche contenere semplice acqua marina.
Per quanto diversi paesi industrializzati si impegnino a riportare regolarmente il proprio inventario, una grande porzione dell’economia mondiale mantiene un velo di riservatezza. In paesi ricchi di petrolio come l’Angola, il Brasile e la Nigeria, la produzione reale sfugge persino le stime formulate dai migliori osservatori.
Questo significa che i prezzi globali del petrolio si basano su una gigantesca supposizione. Per coloro che sono interessati al mantenimento del prezzo del petrolio entro livelli prevedibili, questa situazione potrebbe essere motivo di grande incertezza. I paesi che, invece, mantengono privato l’ammontare delle proprie riserve, potrebbero mirare a vantaggi personali in un mondo tanto imprevedibile.
(MO)
