Una serie di false affermazioni secondo cui l’invasione del Congresso è stata messa in scena da gruppi dell’antifa ha avuto una rapida diffusione grazie alla disinformazione portata avanti da alcuni attivisti e politici repubblicani.
di Tate Ryan-Mosley e Abby Ohlheiser
Alcune noti estremisti di destra facilmente identificabili hanno trasmesso in diretta streaming immagini di loro che entrano con violenza nel Campidoglio a Washington, DC. Ma una bugia ha iniziato a diffondersi sulla parte di Internet che sostiene Trump: e se la folla fosse in realtà un gruppo di attivisti antifa che cerca di mettere in cattiva luce i sostenitori del presidente? La voce era falsa ed è stata smentita ripetutamente, non da ultimo dalle parole e dalle azioni di personalità del MAGA (Make America Great Again) che stavano guidando l’irruzione.
La menzogna non è arrivata all’improvviso, dal momento che false affermazioni sull’antifa compaiono frequentemente nella narrativa online di estrema destra. Una tipica teoria della cospirazione parla di autobus carichi di manifestanti vengono inviati per causare problemi nelle piccole città. Lo stesso presidente Trump ha ripetutamente sostenuto tali affermazioni, contribuendo a trasformare i manifestanti antifascisti in implacabili nemici per i suoi sostenitori.
Questo retroterra ha alimentato le ultime voci, per quanto false, che si sono fatte rapidamente strada attraverso i social network, i notiziari trasmessi e i media online, e sono state amplificate e supportate da alcuni politici repubblicani. Secondo i dati della società di media intelligence Zignal Labs, almeno 411.099 menzioni della bugia sono apparse online in meno di 24 ore. La voce si è trasformata e ha guadagnato popolarità al punto che un deputato repubblicano del Congresso ha incolpato l’antifa dell’insurrezione.
Come è successo
Mentre la certificazione del Congresso dei voti elettorali ha avuto luogo mercoledì, una manifestazione di Trump fuori dal Campidoglio si è rapidamente trasformata nel caos. Verso le 14.30, i manifestanti hanno superato gli schieramenti di polizia e hanno assalito l’edificio. Intorno alle 15.30, Lin Wood, un noto teorico della cospirazione di destra, ha pubblicato un post su Parler, il social network popolare tra alcuni sostenitori di Trump, affermando che i partecipanti erano attivisti dell’antifa e che due immagini separate – una di un uomo della folla del Campidoglio e l’altra presumibilmente ripresa da “phillyantifa.org” – mostravano la stessa persona. Il post ha ottenuto 5,6 milioni di visualizzazioni e oltre 56.000 “Mi Piace”. Con ciò, il seme è stato piantato.
Un’ora dopo, Wood ha pubblicato un’altra immagine, sempre su Parler. Il secondo post era una versione annotata dell’ormai famigerata fotografia di un uomo in piedi sul palco di marmo del vicepresidente nella camera del Senato. Il post aveva un grande cerchio rosso su un fotografo che si credeva fosse Win McNamee di Getty Images, che guardava dal balcone il rivoltoso. Wood ha affermato che la presenza del fotografo era la prova di un allestimento organizzato in precedenza. Il secondo post ha ottenuto quasi la stessa attenzione del primo.
Da lì, la voce si è rapidamente passata da Parler ai siti di social media più tradizionali. I tweet che promuovono la menzogna antifa hanno rapidamente accumulato decine di migliaia di retweet. Alcuni, come quelli dell’account Twitter di Wood, non sono più disponibili (Wood è stato definitivamente bannato da Twitter nel pomeriggio), ma altri rimangono online. Alle 16.39 il telepredicatore Mark Burns, legato a Trump, ha twittato una fotografia di Jake Angeli, un noto seguace di QAnon che faceva parte del gruppo che ha invaso il Campidoglio.
Burns ha affermato: “Questo non è un sostenitore di Trump … Questo è un attacco #Antifa organizzato”. Eric Trump, il figlio del presidente, ha ritwittato il messaggio ai suoi 4,5 milioni di follower. Nonostante la falsa affermazione, il tweet di Burns è ancora disponibile su Twitter, senza un disclaimer.
La voce si è iniziata a diffondere anche su Facebook a metà pomeriggio. In vari gruppi “Stop the Steal” monitorati da “MIT Technology Review”, post contenenti immagini annotate di manifestanti ne hanno esaminato le sembianze, i tatuaggi e gli indumenti in cerca di collegamenti simbolici all’antifa. Il coinvolgimento sui post è stato elevato rispetto ad altri contenuti nei gruppi e la rivista è stata in grado di tracciare una serie di immagini e testo. Da allora Facebook ha rimosso alcuni post, ma molti altri rimangono.
È stato su Facebook che la voce si è arricchita di particolari, con affermazioni secondo cui i rivoltosi con cappelli MAGA indossati al contrario erano in realtà sostenitori dell’antifa e accuse che una violazione della sicurezza così massiccia potesse essere solo il risultato di una operazione coordinata.
Alle 17.00 la voce è arrivata alle orecchie di funzionari e testate giornalistiche. Il rappresentante dell’Arizona Paul Gosar, un repubblicano, ha ritwittato un messaggio, ora cancellato dall’attivista di destra Michael Coudrey, in cui si sosteneva che un video di alcuni manifestanti con ginocchiere “ha i tratti distintivi della provocazione antifa”. L’account Twitter di Coudrey da allora è stato sospeso.Il rappresentante repubblicano Matt Gaetz, della Florida, ha detto alla Camera che l’antifa era dietro l’irruzione in Campidoglio che ha provocato la morte di quattro persone morte. (House Television tramite AP).
Alle 19.45, Sarah Palin è comparsa al notiziario della Fox sostenendo che la manifestazione era guidata da sostenitori dell’antifa, facendo eco ai post originali di Lin Wood su Parler. Laura Ingraham, la conduttrice di Fox News ha dato risalto alla “notizia”, mentre i media conservatori di nicchia come il “Washington Times” hanno pubblicato articoli che davano dignità di verità a queste bugie, tra cui una in cui si affermava che un’azienda di riconoscimento facciale aveva identificato membri della criminalità organizzata. La pubblicazione ha ritrattato la sua storia, ma quando l’ha fatto, secondo Zignal, era già stata condivisa 87.800 volte su Twitter e 89.700 volte su Facebook.
Alla ripresa delle attività parlamentari, in tarda serata, il rappresentante Matt Gaetz, un repubblicano della Florida, è intervenuto alla Camera e in un infuocato discorso ha attribuito le responsabilità degli eventi all’antifa, affermando che “alcune delle persone che hanno invaso il Campidoglio oggi non erano sostenitori di Trump. Si stavano mascherando da sostenitori di Trump, ma in realtà erano membri del violento gruppo terroristico antifa”. A conferma delle sue affermazioni, Gaetz ha citato l’articolo del “Washington Times”, ora cancellato.
Il 7 gennaio, il deputato repubblicano Mo Brooks ha twittato che “l’antifa ha orchestrato l’attacco al Campidoglio con intelligenti tattiche di controllo della folla”. Anche se ha detto di averne le prove, le sue spiegazioni successive si riferivano principalmente ad altre false voci online e attaccavano la “#fakenewsmedia”. Il thread ha ottenuto più di 25.000 retweet in poche ore e continua a essere condiviso a un ritmo sostenuto.
Uno sguardo al futuro
Tutto ciò è accaduto anche se allo stesso Trump era chiaro che gli invasori del Campidoglio erano i suoi sostenitori, e anche se il presidente aveva incoraggiato i suoi seguaci ad andare a Washington e interrompere la certificazione di un risultato elettorale che a suo parere è illegittimo. In effetti, la rapida propagazione della teoria complottista sull’invasione del Campidoglio suggerisce cosa potrebbe accadere una volta che il presidente perderà il potere tra 14 giorni, anche se le mosse di Twitter e Facebook per bloccare gli account sui social media di Trump diventassero permanenti.
Malgrado abbiano visto gli eventi con i propri occhi, durante uno dei momenti più vergognosi della storia americana moderna, l’ecosistema dei sostenitori di Trump, i media di destra e alcuni politici hanno invece scelto di credere a quello che faceva loro più comodo, che fosse una bugia o no.
foto: Michael Nigro/SIPA USA tramite AP