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    Supremazia quantistica di Google? Non ancora, dice IBM.

    Il produttore rivale di computer quantistici mette in dubbio la tanto decantata affermazione del nuovo traguardo raggiunto da parte di Google.

    di Gideon Lichfield e Konstantin Kakaes

    Un mese fa, è arrivata la notizia che Google avrebbe raggiunto la “supremazia quantistica”, vale a dire aveva un suo computer quantistico in grado di eseguire un calcolo che un computer classico avrebbe svolto in un tempo incredibilmente lungo. Anche se il calcolo in quanto tale – in sostanza, una tecnica molto specifica per la produzione di numeri casuali – non ha un valore assoluto, potrebbe assumere lo stesso significato del primo volo di 12 secondi dei fratelli Wright, rappresentando comunque una pietra miliare nel campo dell’ elaborazione.

    Ma in un post recente, IBM contesta l’affermazione di Google. Il compito che, secondo Google, potrebbe richiederebbe al supercomputer classico più veloce del mondo almeno 10.000 anni di lavoro, in realtà, per IBM, può essere svolto in pochi giorni.

    Come John Preskill, il fisico di CalTech che ha coniato il termine “supremazia quantistica”, ha scritto in un articolo per la rivista “Quanta”, Google ha specificamente scelto un compito molto ristretto in cui un computer quantistico riesce bene e un computer classico stenta.

    “Questo calcolo quantistico ha una struttura molto limitata, il che rende più difficile per il computer classico tenere il passo, ma significa anche che la risposta non è particolarmente significativa”, ha scritto Preskill.

    Il documento di ricerca di Google non è stato pubblicato, ma il progetto è stato divulgato online il mese scorso. In esso, i ricercatori affermano di possedere una macchina di 53 bit quantici, o qubit, per eseguire il calcolo in 200 secondi. Hanno anche stimato che al supercomputer più potente del mondo, il Summit dell’Oak Ridge National Laboratory, ci vorrebbero 10.000 anni per replicarlo con uguale “fedeltà”.

    Il problema è che tali simulazioni non riguardano solo la portabilità del codice da un computer quantico a uno classico e diventano più complesse in modo esponenziale più aumenta il numero di qubit che si sta cercando di simulare. Per questo motivo, ci sono molte tecniche diverse per ottimizzare il codice per arrivare a un equivalente altrettanto buono.

    Ed è qui che Google e IBM differiscono. I ricercatori IBM propongono un metodo che secondo loro richiederebbe solo due giorni e mezzo su una macchina classica “con una affidabilità di gran lunga maggiore” e che “con ulteriori perfezionamenti” questo tempo potrebbe ridursi ulteriormente.

    Ma qual è la differenza chiave? I dischi fissi. La simulazione del lavoro di un computer quantistico su uno classico richiede l’archiviazione di grandi quantità di dati in memoria durante il processo per rappresentare la condizione del computer quantistico in un dato momento. Meno memoria si ha a disposizione, più si deve suddividere l’attività in diverse fasi e impiegare una quantità maggiore di tempo.

    Il metodo di Google, afferma IBM, si basava in buona parte sulla memorizzazione di quei dati nella RAM, mentre IBM “utilizza sia la RAM sia lo spazio sul disco rigido” e propone inoltre di utilizzare una serie di altre tecniche di ottimizzazione classiche, hardware e software, per accelerare il calcolo. Ad essere onesti, IBM non lo ha testato in pratica, quindi è difficile sapere se in realtà funzionerebbe (Google ha rifiutato di commentare).

    Allora, cosa c’è in ballo? Poco o tanto, a seconda di come lo si guardi. Come spiega Preskill, il problema che Google ha risolto non ha praticamente alcuna conseguenza pratica e, anche se i computer quantistici diventeranno più grandi, ci vorrà molto tempo prima che possano affrontare compiti complessi e decifrare i codici.

    Inoltre, anche se IBM ha ragione sul fatto che Google non ha raggiunto la supremazia quantistica in questa occasione, la soglia non è sicuramente lontana. Il fatto che le simulazioni diventino esponenzialmente più difficili quando si aggiungono i qubit significa che sarà sufficiente una macchina quantistica leggermente più grande per conquistare la supremazia.

    Tuttavia, come osserva Preskill, anche la parziale supremazia quantistica è “un passo fondamentale nella ricerca di computer quantistici utili a fini pratici”. Chiunque alla fine la raggiungerà, come nel caso dei fratelli Wright, potrà rivendicare un posto nella storia.

    Immagine: Google / MIT Technology Review

    (rp)

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