In un’intervista esclusiva con “MIT Technology Review” america, Sundar Pichai, il Ceo di Google, spiega perché il calcolo quantistico potrebbe essere decisivo per lo sviluppo dell’IA.
di Gideon Lichfield
In un articolo su “Nature” e in un post sul blog aziendale, i ricercatori di Google affermano di aver raggiunto per la prima volta la “supremazia quantistica”. Il loro computer quantistico a 53 bit, chiamato Sicomoro, ha impiegato 200 secondi per eseguire un calcolo che, secondo Google, avrebbe richiesto almeno 10.000 anni al supercomputer più veloce del mondo.
Il calcolo non ha quasi alcun uso pratico: elenca una serie di numeri casuali. È stato scelto solo per dimostrare che Sicomoro può effettivamente funzionare come dovrebbe fare un computer quantistico. Le macchine quantistiche utili a scopi pratici sono lontane molti anni, gli ostacoli tecnici sono enormi e anche in futuro probabilmente faranno meglio dei computer classici solo in determinate attività.
Tuttavia, la ricerca è una pietra miliare, al punto che Sundar Pichai, CEO di Google, la confronta con il primo volo di 12 secondi dei fratelli Wright. Ho parlato con lui per capire perché Google ha già trascorso 13 anni a lavorare a un progetto che potrebbe richiedere un altro decennio o più per dare risultati concreti.
L’intervista è stata effettuata prima che IBM pubblicasse un documento nel quale contestava la pretesa di supremazia quantistica di Google.
Google ha utilizzato un computer quantistico per eseguire un compito molto ristretto e specifico. Cosa serve ancora per arrivare a una dimostrazione della supremazia quantistica?
C’è bisogno di un computer quantistico a tolleranza d’errore con più qubit in modo da poterlo utilizzare per periodi di tempo più lunghi e quindi essere in grado di eseguire algoritmi più complessi. Ma, in qualsiasi campo si voglia arrivare a un cambiamento epocale, si deve iniziare da qualche parte. Si pensi ai fratelli Wright. Il primo aereo è volato solo per 12 secondi. Non aveva applicazioni concrete, ma mostrava la possibilità che un aereo potesse volare.
Numerose aziende dispongono di computer quantistici. IBM, per esempio, ne ha diversi online che le persone possono utilizzare nel cloud. Perché le loro macchine non possono fare ciò che ha fatto Google?
Vorrei spiegare perché Google è stata in grado di farlo. L’ingegneria dei sistemi, vale a dire la capacità di lavorare su tutti i livelli dello stack, è l’elemento decisivo. Si inizia da un wafer e si lavora sui diversi strati fino a poter usare l’IA per simulare e arrivare al risultato migliore.
Nella presentazione della ricerca si dice: “Manca solo un algoritmo creativo per arrivare a valide applicazioni a breve termine”. Qualche idea su come potrebbe essere?
L’universo funziona fondamentalmente in modo quantistico, quindi questi studi ci permetteranno di capire meglio la natura. Siamo alle fasi iniziali, ma la meccanica quantistica brilla per la sua capacità di simulare molecole, processi molecolari, e penso che sia il suo punto di forza. La scoperta dei farmaci rappresenta un ottimo esempio. O quella dei fertilizzanti: il processo Haber produce il 2 per cento di emissioni di carbonio nel mondo [vedi nota 1]. In natura lo stesso processo viene eseguito in modo più efficiente.
Quando pensa che avremo a disposizione un’applicazione per migliorare il processo Haber?
Almeno un decennio. Siamo ancora a pochi anni dalla costruzione di computer quantistici in grado di funzionare abbastanza bene. Altre potenziali applicazioni potrebbero includere la progettazione di batterie migliori. Ad ogni modo, quando si a che fare con la chimica, è necessario capire bene dove è meglio investire.
Anche i sostenitori dei computer quantistici sostengono che potrebbe ripetersi quanto successo con la fusione nucleare: sempre dietro l’angolo per i prossimi 50 anni. Sembra quasi un progetto di ricerca esoterica. Perché il CEO di Google è così entusiasta di questa prospettiva?
Google non sarebbe qui oggi se non fosse per l’evoluzione che abbiamo visto nell’informatica nel corso degli anni. La legge di Moore ci ha permesso di aumentare la nostra capacità computazionale per servire miliardi di utenti per molti prodotti su larga scala. La Legge di Moore è, a seconda di molti, alla fine del suo ciclo. L’informatica quantistica è uno dei tanti settori che ci permetteranno di fare progressi in campo informatico.
Per farle capire un altro motivo del nostro entusiasmo le faccio un esempio: si prenda una semplice molecola. La caffeina ha 2 alla 43ima stati o qualcosa del genere [vedi Nota 2]. Sappiamo che oggi non riusciamo a capire la struttura di base delle molecole con il calcolo classico. Quindi, quando guardo ai cambiamenti climatici, quando guardo alle medicine, sono sicuro che un giorno l’informatica quantistica sarà il grimaldello per ottenere progressi.
Su “Fast Company” è scritto che Lei, nel 2012, ha avuto una specie di “premonizione” quando ha visto che l’intelligenza artificiale riusciva a identificare autonomamente le foto dei gatti. Il calcolo quantistico le sembra altrettanto importante?
Assolutamente. Essere presente in laboratorio, manipolare fisicamente il qubit e metterlo in uno stato di sovrapposizione è stata un’esperienza altrettanto significativa per me perché si parla di come funziona la natura. Apre una gamma completamente nuova di possibilità che fino a oggi non esistevano.
Potrebbe volerci molto tempo per arrivare a sistemi quantistici operativi. Come gestisce questi tempi lunghi un’azienda che è abituata a progressi molto rapidi?
Qualche tempo fa, stavo parlando con Hartmut Neven, che guida il team quantistico insieme a John Martinis, il responsabile scientifico dell’hardware. Gli ho detto che, 26 anni fa, ho abbandonato il mio dottorato di ricerca in scienza dei materiali, mentre le persone che mi circondavano stavano lavorando sui superconduttori ad alta temperatura. Ho pensato: “Sai quanto tempo ci metteranno!” E mi sono sentito come uno che non aveva quel tipo di pazienza. Oggi, ho un profondo rispetto per chi ci ha creduto. La verità è che tutte le scoperte fondamentali funzionano in questo modo e per arrivare a un risultato è necessaria una visione a lungo termine.
Il motivo per cui sono entusiasta della nostra scoperta è che sono queste pietre miliari che guidano i progressi nel campo. Quando Deep Blue ha battuto Garry Kasparov, era il 1997. Per arrivare alla vittoria di AlphaGo passano quasi 20 anni. Si potrebbe dire: “Quanto tempo!”. Ma ogni pietra miliare premia le persone che ci stanno lavorando e attira un’intera nuova generazione sul campo. Ecco come l’umanità fa progressi.
Per ritornare al discorso sull’ingegneria dei sistemi, il nostro team sta operando su più livelli dello stack e sfruttando i progressi ottenuti in molti modi diversi. Per esempio, la costruzione dei nostri data center è ciò che ci ha permesso di creare qualcosa di simile alla TPU (l’unità di elaborazione tensore, vale a dire chip specializzati per il framework di apprendimento profondo di Google), che rende i nostri algoritmi più veloci. Quindi è un ciclo virtuoso. Una delle grandi lezioni dei lanci lunari è che anche i fallimenti valgono qualcosa. Quindi sì, dobbiamo essere pazienti. Ma dobbiamo porre molta attenzione anche ai risultati che otteniamo durante questo percorso.
Quanto state investendo nell’informatica quantistica al momento?
Per ora è un gruppo di lavoro relativamente piccolo. Ma può partire da tutti gli investimenti che abbiamo fatto nel corso degli anni.
Può spiegarci il differente approccio tra Google e IBM? Loro hanno i computer quantistici sul cloud per la programmazione delle persone, mentre Google porta avanti un progetto di ricerca interno (vedi Nota 3).
È positivo che IBM lo stia offrendo come una struttura cloud e attiri altri sviluppatori. Noi, invece, siamo impegnati a dimostrare alla comunità che è possibile conseguire la cosiddetta supremazia quantistica.
IBM afferma anche che il termine “supremazia quantistica” è fuorviante, perché implica che i computer quantistici alla fine faranno tutto meglio dei computer classici, quando in realtà probabilmente dovranno sempre lavorare insieme. La stanno accusando di non aver considerato questo aspetto.
Potrei rispondere che la comunità è in grado di capire esattamente cosa significa mirare a un traguardo.
Ma la discussione è intorno al fatto che il pubblico può vederlo come un segno che i computer quantistici hanno ormai messo in un angolo i computer classici.
Voglio dire, non è diverso da quando tutti celebriamo l’IA. Ci sono persone che fanno confusione con l’intelligenza artificiale in assoluto. Ecco perché penso sia importante rendere lo stato dell’arte pubblico. Chi spiega queste cose deve aiutare il pubblico a capire dove siamo, i tempi e le possibili applicazioni. Ciò sarà vero anche in futuro.
L’intelligenza artificiale genera un giro d’affari per Google a moltissimi livelli. Si ritrova nei servizi di traduzione e ricerca, nel cloud, nei moduli sperimentali di TensorFlow, che consente alle persone di realizzare i propri algoritmi, nei chip specializzati [i TPU menzionati sopra] per applicazioni specifiche. Ritiene che il calcolo quantistico alla fine sia pervasivo per Google?
Assolutamente sì. Se si guarda al passato, si vede che abbiamo investito nell’intelligenza artificiale e abbiamo sviluppato l’IA prima di sapere che avrebbe funzionato per noi su tutti i livelli dello stack.
In fondo, su tutte le applicazioni pratiche da lei citate forniamo la tecnologia a utenti di tutto il mondo. Ci preoccupiamo di democratizzare l’accesso all’IA. Lo stesso vale per il calcolo quantistico.
Che valore può avere il calcolo quantistico per l’IA? L’unione di calcolo quantistico e IA potrebbe aiutarci a sbloccare la barriera allo sviluppo di un’intelligenza artificiale generale?
Penso che la collaborazione tra i due settori di ricerca darà molti frutti. Entrambi i campi sono in fase iniziale. C’è un lavoro entusiasmante nell’intelligenza artificiale in termini di costruzione di modelli più generali e della scoperta di risorse di elaborazione necessarie per arrivarci. A mio parere, l’IA può accelerare il calcolo quantistico e il calcolo quantistico può accelerare l’IA. E ne avremo bisogno, per esempio, per risolvere alcuni problemi complessi come i cambiamenti climatici.
Ha menzionato la democratizzazione della tecnologia. Google ha incontrato alcune controversie etiche sull’intelligenza artificiale: chi dovrebbe avere accesso a questi strumenti e come dovrebbero essere utilizzati. In che modo questo dibattito sta influenzando il suo modo di considerare la tecnologia quantistica, che è all’inizio del suo sviluppo?
Rendere pubblici i dati e interagire con la comunità accademica in queste fasi è molto importante. Lavoriamo sodo. Abbiamo pubblicato i nostri principi etici nel campo dell’intelligenza artificiale. Se si parla di pregiudizi sull’IA, per esempio, negli ultimi anni abbiamo pubblicato oltre 75 articoli di ricerca.
Ritengo che ci siano aree in cui la regolamentazione può avere senso. Vogliamo partecipare in modo costruttivo e aiutare a scegliere le giuste normative. Si tratta di tecnologie che avranno un impatto sulla società ed è difficile capire quale sia la cosa giusta da fare.
Non c’è contraddizione tra, da un lato, dire che non si svilupperà l’IA per determinati scopi [secondo i principi dell’IA] e, dall’altro, creare una piattaforma che consente alle persone di usare l’IA come vogliono?
La sicurezza dell’IA è uno dei nostri più importanti principi etici. Abbiamo intenzione di costruire e testare sistemi per la sicurezza. E’ un passaggio essenziale della nostra azione. Se si ritiene che i sistemi quantistici siano in grado di violare la crittografia nel tempo, si cerca di sviluppare migliori tecnologie di crittografia quantistica. Quando abbiamo creato la ricerca, abbiamo dovuto risolvere il problema dello spam.
La posta in gioco è chiaramente più alta con queste tecnologie, ma l’approccio tecnologico che si adotta, la governance globale e gli accordi etici sono componenti essenziali per raggiungere i risultati desiderati. Ci impegniamo a fare il possibile per aiutare a sviluppare [la tecnologia], non solo in modo responsabile, ma per utilizzarla per salvaguardare la sicurezza, la democrazia. E lo faremo collaborando con le istituzioni.
C’è qualche altra tecnologia che segue con particolare attenzione?
Personalmente, sono interessato ai sistemi per generare energia rinnovabile pulita e ritengo che abbiano un grande potenziale. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, penso che nel prossimo decennio le trasformazioni saranno profonde. Ma direi anche l’IA stessa: la prossima generazione di scoperte di intelligenza artificiale, i nuovi algoritmi, i modelli generali, l’apprendimento di trasferimento, e tutto il resto.
Nota 1: il processo Haber
Il processo Haber-Bosch, un metodo che permette la sintesi industriale dell’ammoniaca su larga scala utilizzando come reagenti azoto e idrogeno in presenza di un catalizzatore eterogeneo a base di ferro, produce circa l’1,44 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica e poco più dell’1 per cento delle emissioni totali di gas serra.
Nota 2: caffeina
La caffeina, con 24 atomi, può esistere in 10 alla 48ima stati quantistici distinti, cioè configurazioni di quegli atomi. Ciò significa che per un computer classico per rappresentare perfettamente la caffeina, occorrerebbero 10 alla 48ima bit, vicini al numero di atomi dell’intera Terra (10 alla 49ima o 10 alla 50ima). Un chip di memoria da 1 gigabyte ha circa 10 alla 10ima bit.
Nota 3: IBM sulla supremazia quantistica
Il 21 ottobre, i ricercatori IBM hanno pubblicato un articolo contestando l’affermazione di Google di aver raggiunto la supremazia quantistica. A loro parere, usando una forma modificata della tecnica di Google, dovrebbe essere possibile simulare il calcolo del sicomoro su un sistema classico in soli due giorni e mezzo anziché in 10.000 anni. In risposta, un portavoce di Google ha affermato: “Accogliamo con favore le proposte per far avanzare le tecniche di simulazione, anche se è fondamentale testarle su un vero supercomputer, come abbiamo fatto noi”. Ha anche osservato che, poiché la complessità dei computer quantistici aumenta in modo esponenziale, l’aggiunta di pochi qubit in più impedirebbe a qualsiasi computer tradizionale di svolgere il compito.
Immagine: Sundar Pichai, CEO di Google .Google per “MIT Technology Review”
(rp)