In un libro che farà molto discutere, Andrew McAfee del MIT afferma che i paesi ricchi hanno trovato il modo di crescere con impatti ambientali meno catastrofici e hanno indicato la strada da seguire alle nazioni in via di sviluppo.
di James Temple
Gli Stati Uniti stanno tagliando le emissioni di gas serra, il consumo di energia, l’inquinamento atmosferico e lo sfruttamento delle altre risorse, ma la sua economia e la popolazione sono in continuo sviluppo.
In More from Less, un libro che sta per uscire e che susciterà molte polemiche,lo scienziato del MIT Andrew McAfee afferma che questo “disaccoppiamento” tra crescita e degrado ambientale si sta manifestando anche in altre importanti economie, e persino in alcuni paesi in via di sviluppo.
E’ sua convinzione che il fenomeno rappresenti un punto di svolta critico nella storia economica e sia essenziale per sostenere una popolazione globale in crescita, senza far collassare il pianeta.
A suo parere, il rafforzamento di questa linea di tendenza a livello globale richiederà di non cambiare radicalmente il sistema capitalista, ma piuttosto di espanderlo.
McAfee, uno dei responsabili dell’Initiative on the Digital Economy del MIT, ha esposto le sue argomentazioni durante una presentazione del suo libro tenuta la scorsa settimana al Breakthrough Dialogue 2019, una conferenza organizzata a Sausalito, in California, dal Breakthrough Institute.
La tesi di fondo sembra andare controcorrente in un mondo che riempie gli oceani di plastica, non rispetta gli accordi sul clima di Parigi e si confronta con un numero crescente di specie animali in via di estinzione.
McAfee si affretta a spiegare che non tutto va per il verso giusto e di essere consapevole che i cambiamenti climatici, l’inquinamento, la povertà e la malnutrizione sono sfide che necessitano di interventi urgenti.
Il suo libro non nega questi problemi, ma sottolinea che il disaccoppiamento in corso dimostra che abbiamo a disposizione gli strumenti per affrontare queste emergenze. L’autore afferma che ci sono quattro forze principali – che McAfee chiama i “quattro cavalieri dell’ottimismo” – che favoriscono il disaccoppiamento nelle economie mature:
- le efficienze guidate dal capitalismo
- il progresso tecnologico che ci ha permesso di “smaterializzare” i nostri consumi (per esempio, stipando atlanti, bussole, calcolatrici, registratori, macchine fotografiche, stereo, e altri gadget in un unico dispositivo tascabile)
- la consapevolezza generalizzata dei danni ambientali
- i governi che prendono iniziative per rispondere a tali preoccupazioni e ridurre i danni
Quindi, sostiene McAfee, ciò di cui abbiamo bisogno per affrontare i cambiamenti climatici e prevenire altre catastrofi ambientali, pur mantenendo gli standard di vita moderni per miliardi di persone, è che questi cavalieri lavorino ancor più di concerto.
Alla conferenza Breakthrough, McAfee ha mostrato una serie di grafici in cui si evidenziava che il PIL degli Stati Uniti continua a salire, anche se l’uso di metalli, rocce, cemento, sabbia, legname e carta è sceso negli ultimi anni. “Abbiamo stabilizzato e in molti casi iniziato a diminuire il nostro consumo aggregato di questi blocchi costitutivi dell’economia”, ha spiegato McAfee.
In un altro grafico si poteva vedere che l’uso da parte degli Stati Uniti di fertilizzanti, terreni coltivati e acqua è in declino, anche se il tonnellaggio totale delle colture continua a salire.
Nel libro si legge anche che, tra gli oltre 70 minerali, metalli e altre risorse di cui l’US Geological Survey ha seguito l’andamento nel corso degli ultimi anni, solo sei non hanno subito un calo nei consumi. L’impiego di acciaio, alluminio e rame è diminuito rispettivamente di circa il 15, 32 e 40 per cento, dai livelli di picco.
Altri relatori hanno contestato alcune delle conclusioni di McAfee. Ariane de Bremond, dirigente del Global Land Program, ha sottolineato che in un’economia globale strettamente connessa può essere molto difficile capire se l’utilizzo delle risorse stia veramente diminuendo. Per esempio, ha osservato che mentre l’espansione delle terre agricole in tutto il mondo sta rallentando, la superficie complessiva è ancora in aumento.
“Si tratta di capire se il disaccoppiamento è un fenomeno complessivo o si tratta semplicemente di uno spostamento del degrado ambientale in altre parti del mondo”, si chiede de Bremond.
Allo stesso modo, Victor Galaz, vicedirettore del Resilience Center di Stoccolma, ha sostenuto che non avrà molta importanza riuscire a rallentare la nostra corsa verso il collasso ambientale, se non saremo in grado di evitare la collusione finale. Le calotte glaciali della Groenlandia si stanno sciogliendo, lo sbiancamento devasta le barriere coralline e la deforestazione dell’Amazzonia procede senza sosta.
“Quando si ha a che fare con sistemi che hanno soglie … in realtà questi sistemi non si preoccupano delle tendenze; si preoccupano degli impatti aggregati “, conclude Galaz.
Ci sono altri buoni motivi per essere cauti nel trarre conclusioni affrettate, come nota anche McAfee.
Innanzitutto, alcuni dei dati sul declino nell’utilizzo delle risorse potrebbero essere ancora legati ai postumi della Grande Recessione del 2008.
Gran parte dei progressi dell’America sull’inquinamento da gas serra è dovuto al passaggio dal carbone al gas naturale più pulito, che è in ogni caso ancora associato a una produzione abbastanza alta di CO2 e a una serie di sfide ambientali. Inoltre, qualunque piccolo guadagno venga fatto in alcune nazioni potrebbe essere più che compensato dal crescente appetito delle economie emergenti.
McAfee è comunque convinto che alcune ipotesi a lungo termine sugli inevitabili costi della crescita siano semplicistiche e spesso sbagliate. Il progresso tecnologico e la crescita economica hanno certamente causato enormi costi ambientali e sociali, ma hanno anche indubbiamente migliorato salute, ricchezza e standard di vita.
E anche se può scontrarsi con alcune delle nostre convinzioni profondamente radicate, appare evidente che la tecnologia può giocare, e forse deve giocare, un ruolo decisivo nel risolvere alcuni dei problemi che crea.
Immagine: Aaron / Flickr / MIT Technology Review
(rp)