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    Batterie a flusso

    Produrre energia dal Sole, dalle maree, dal vento o anche dagli scarti agricoli è molto green, ma cosa succede quando è notte, non c’è la marea, non soffia il vento o non è stagione di mietitura? Visto che non possiamo stare al buio, o stare dieci minuti senza aggiornare i profili social, dobbiamo trovare un modo per conservare questa energia. I ricercatori di Eni hanno trovato il modo di farlo e di sfruttare l’energia anche quando il Sole non c’è o non soffia il vento.

    di Fonte ENI

    Il problema delle rinnovabili è che spesso ti danno energia quando non serve. Per questo motivo alcuni centri ricerche nel mondo stanno cercando di trovare la soluzione migliore per stoccarle. Al Centro Ricerche Eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara, ad esempio, si sta puntando sulle batterie a flusso.

    Poter accumulare e conservare l’energia elettrica è necessario per migliorare l’efficienza d’uso delle risorse fossili e rinnovabili, per integrare le fonti discontinue con la variabilità della domanda di energia industriale e civile e per migliorare la stabilità, flessibilità e l’affidabilità delle griglie di distribuzione. Le batterie, quindi, sono uno strumento fondamentale per l’accesso all’energia, ma permettono un uso più intelligente delle risorse e una diminuzione delle emissioni di CO2.

    Le batterie possono avere dimensioni estremamente diverse, ciascuna adatta ad un certo uso. Si va dalla batteria dell’orologio a quella dei telefoni e notebook a quelle collegate all’impianto fotovoltaico di casa fino a quelle utilizzate da grandi infrastrutture accoppiate con le centrali elettriche. Ma variano anche in funzione dell’uso, il cosiddetto tempo medio di stoccaggio: dalla batteria del telefono, che deve durare almeno un giorno, fino a quelle dei grandi impianti, che devono compensare le variazioni termiche e di illuminazione stagionale.

    In sostanza, il limite principale di tutti gli strumenti mobili, dallo smartphone fino all’auto elettrica, è dovuto al peso, al costo di produzione (e di smaltimento) ed alla bassa capacità della batteria che li alimenta. Lo stesso problema si pone per i sistemi più grandi – dalle auto elettriche ai grandi impianti – se ci illudiamo di risolvere il problema dell’accumulo semplicemente costruendo batterie più grosse.

    Per questo, in tutto il mondo si cercano nuove soluzioni. E anche in Italia si conducono ricerche all’avanguardia: dagli accumulatori a idrogeno di Electro Power Systems alle batterie a flusso di Proxhima. Eni ha deciso di puntare sulla batteria a flusso: si tratta di una cella elettrochimica collegata a due serbatoi contenenti due diversi elettroliti disciolti in soluzione.

    Nella cella, gli elettroliti vengono a contatto attraverso una speciale barriera semipermeabile dove avviene una reazione di ossidoriduzione. Questa trasforma l’energia chimica immagazzinata nei due fluidi in energia elettrica che può essere portata fuori dalla cella ed utilizzata. Quando, viceversa, abbiamo a portata di mano una fonte rinnovabile – ad esempio un impianto fotovoltaico in una bella giornata di Sole – l’energia elettrica prodotta dall’impianto va nella cella elettrochimica e viene utilizzata per fare avvenire la stessa reazione di ossidoriduzione, ma in senso inverso. Così i due fluidi possono tornare a immagazzinare energia chimica pronta all’uso quando servirà.

    La tecnologia delle batterie a flusso è tra le più promettenti sia per il livello di sviluppo attuale, ma anche per le sue potenzialità. Inoltre, permette di separare la componente di potenza, la cella, dalla componente di accumulo dell’energia, i serbatoi Questo disaccoppiamento permette di eliminare il fenomeno dell’autoscarica e offre la possibilità di costruire batterie su misura per le esigenze di potenza e di accumulo che si desiderano.

    I primi prototipi, basati ciascuno su una diversa coppia elettrolitica, sono già in costruzione presso il Centro Ricerche Eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara. Sono state raggiunte elevate efficienze e i modelli realizzati permettono numerosi cicli di carica e scarica senza deteriorarsi.

    È in progetto un primo sistema di batterie a flusso che verrà installato presso il centro ricerche di Novara e quindi collegato a un impianto fotovoltaico. Intanto, con le unità operative di Eni, sono in corso studi su sistemi di accumulo abbinati al fotovoltaico per dare indipendenza elettrica ai siti remoti. Finché queste ricerche non avranno successo, lo sviluppo delle rinnovabili andrà avanti col freno a mano tirato.

    (rp)

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