Eppure i pazienti sono in dubbio. Quanto sarà accessibile per chi ne ha bisogno?
di Mike Orcutt
È in corso di sperimentazione su esseri umani una promettente tecnica di gene editing contro l’anemia falciforme. Nel caso si rivelasse efficace, chi ne ha bisogno avrà modo di farne uso? Secondo Vence Bonham del National Human Genome Research Institute, con una cura in vista, la domanda si fa urgente.
L’anemia falciforme (SCD) è una malattia genetica del sangue che colpisce milioni di persone nel mondo. Provoca la produzione di globuli rossi anormali e può causare dolore intenso, ictus e danni agli organi e ai tessuti.
Da un punto di vista scientifico, “si tratta di un momento storico” per gli individui affetti dalla malattia, ha spiegato Bonham alla conferenza EmTech del MIT Technology Review. I ricercatori stanno testando una tecnica che utilizza il preciso strumento di editing genetico CRISPR per modificare un singolo gene associato alla malattia. Ma dal punto di vista sociologico, ha fatto notare Bonham, siamo appena agli inizi. La SCD è soprattutto comune in individui di etnie africane. E nonostante ci siano circa 100.000 persone affette nei soli Stati Uniti, la stragrande maggioranza dei pazienti vive nell’Africa sub-sahariana e in India.
Bonham e colleghi hanno recentemente condotto uno studio per indagare come la tecnica sia percepita tra gli individui affetti da SCD, i loro familiari e i loro medici. Molti degli intervistati hanno espresso espresso scetticismo sul fatto che una potenziale cura basata sul CRISPR possa rivelarsi accessibile a coloro che ne hanno bisogno. Sebbene abbiano trovato “una rinnovata speranza”, si sono espressi “sottotono e con fare apprensivo rispetto a questa speranza”, il risultato di decenni di “privazione dei diritti medici vissuta dalla comunità SCD”.
Secondo uno dei medici intervistati per lo studio, esiste il pericolo che altre malattie rare che tendono a colpire le persone “con più risorse” possano attirare maggiori attenzioni e, potenzialmente, finanziamenti. Di conseguenza, c’è la preoccupazione che la popolazione SCD “possa rimanere nella polvere”. Questa popolazione è già scettica, dal momento che “sono stati lasciati nella polvere in tante altre occasioni”, ha concluso il medico.
Oltre a una cura in sé, sono necessari approcci migliori ed economici per “espandere i vantaggi di questa nuova tecnologia”, ha dichairato Bonham. “Il potenziale è eccezionale, ma dobbiamo porre la domanda: chi ne trarrà beneficio?”
(lo)