Un nuovo sistema in grado di prevedere la struttura chimica di un farmaco sotto analisi potrebbe aiutare a prevenire interazioni negative con altri farmaci, una delle principali cause di morte del paziente.
di Karen Hao
Secondo la FDA, più di 100.000 persone ricoverate negli Stati Uniti vengono uccise ogni anno a causa di interazioni avverse tra farmaci. I metodi clinici tradizionali volti ad evitare tali interazioni in fase di sviluppo del farmaco richiedono test fisici costosi e laboriosi, che cataloghino ogni singola interazione chimica del nuovo farmaco con quelle esistenti.
Il nuovo sistema studia due farmaci diversi alla volta ed elabora una previsione sulle loro possibili interazioni. Per ottenere questo risultato, i ricercatori hanno prima dovuto sviluppare un nuovo metodo per rappresentare le strutture chimiche in 3D dei farmaci, utilizzando caratteri in un formato intelligibile per una rete neurale. La struttura chimica della melatonina, per esempio, viene rappresentata come “CC (= O) NCCC1 = CNc2c1cc (OC) cc2”, mentre la morfina è “CN1CCC23C4OC5 = C (O) C = CC (CC1C2C = CC4O) = C35”.
I ricercatori hanno quindi tradotto in questo formato un database completo delle interazioni farmacologiche note e lo hanno utilizzato per educare una rete neurale. Il sistema risultante prevede la probabilità che due farmaci abbiano un’interazione avversa e mette in evidenza le specifiche componenti della molecola che hanno dato origine alla previsione.
Quando i ricercatori hanno testato il nuovo sistema su due database di interazioni farmacologiche comunemente utilizzati, hanno ottenuto risultati migliori rispetto a quelli generati dai sistemi di intelligenza artificiale all’avanguardia attualmente in uso. Lo studio verrà presentato dall’Association for the Advancement of Artificial Intelligence questa settimana.
Le nuove tecniche per l’analisi dei dati chimici potrebbero avere molte altre applicazioni, compresa la progettazione di farmaci e materiali. “Il mondo moderno è terribilmente dipendente dalla chimica”, afferma David Cox, direttore IBM del MIT-IBM Watson AI Lab, dove lavora uno degli autori dello studio. “Il potenziale dell’IA come copilota degli studi è immenso, offre la possibilità di amplificare le nostre capacità di ragionamento analitico sulle interazioni, proprietà e qualità chimiche con cui ci confrontiamo”.
Immagine: Joe Raedle, Getty
(lo)