Il tasso di mortalità dell’infezione da covid-19 nelle regioni settentrionali dell’Italia sembra aggirarsi attorno al 12% contro il 4.5% del resto del paese. Ricercatori italiani hanno analizzato i dati di Lombardia e Emilia Romagna e confermano una possibile correlazione tra livelli d’inquinamento e mortalità.
di Lisa Ovi
C’è un dibattito in corso sulle possibili correlazioni tra livelli d’inquinamento e gravità dell’infezione da coronavirus.
In un’intervista pubblicata il mese scorso da AGI, la dr. Antonietta Gatti, esperta di tossicità delle nanoparticelle della Società Italiana di Medicina Ambientale, ha dichiarato plausibile spiegare l’eccezionale gravità dell’epidemia in Lombardia con gli alti livelli di inquinamento atmosferico che da anni caratterizzano la regione. La stessa OMS attribuisce agli effetti infiammatori dell’inquinamento atmosferico milioni di morti premature all’anno in tutto il mondo.
Sul fronte opposto la Società Italiana di Aerosol, secondo cui non sarebbe ancora stata dimostrata la maggiore suscettibilità al contagio da Covid-19 delle popolazioni esposte ad alti livelli di polveri atmosferiche (ANSA).
Sull’argomento si erano pronunciati già ad inizio marzo ricercatori della ESC (Società Europea di Cardiologia), e ricercatori del Max-Planck-Gesellschaft, secondo cui alti tassi d’inquinamento atmosferico ridurrebbero la vita media dei cittadini tre anni.
Ora, Dario Caro, ricercatore della Aarhus University, il prof. Bruno Frediani e il Dr. Edoardo Conticini, dell’Università degli Studi di Siena, hanno analizzato la differenza nel tasso di mortalità da coronavirus del 12% rilevato nelle regioni settentrionali dell’Italia, rispetto al 4.5% circa del resto del paese. I risultati dei loro studi sono stati pubblicati su Environmental Pollution con il titolo ‘Can atmospheric pollution be considered a co-factor in extremely high level of SARS-CoV-2 lethality in Northern Italy’.
La sindrome respiratoria acuta grave CoronaVirus 2, originata lo scorso dicembre dalla provincia di Wuhan, in Cina, si è diffusa in tutto il globo e sta mettendo a dura prova i sistemi sanitari di numerose nazioni.
L’infezione da COVID19 può essere asintomatica, può presentarsi in forma simil-influenzale, o richiedere cure ospedaliere per un’infezione respiratoria acuta, anche mortale. Ancora non è chiaro quali fattori influenzino il decorso della malattia, né quali cure possano essere efficaci in assenza di un vaccino. Al momento, ci sono più domande che risposte e quindi i ricercatori di tutto il mondo stanno lavorando per trovare nuove intuizioni sulla pandemia globale.
Secondo i ricercatori, i diversi fattori che influenzano il decorso della malattia stanno venendo studiati in tutto il mondo e ci tengono a sottolineare che i loro risultati rappresentano un supplemento, non una confutazione di quanto già pubblicato. La spiegazione della situazione italiana richiederà l’analisi di più fattori, come l’elevata media età della popolazione italiana, le differenze tra i sistemi sanitari regionali italiani, la disponibilità di posti in terapia intensiva e possibilmente, altri ancora.
Le regioni del Nord Italia sono tra le più inquinate d’Europa. I rilevamenti sulla qualità dell’aria condotti dall’Agenzia europea dell’Ambiente rivelano che la popolazione delle regioni settentrionali italiane convive con un elevato livello di inquinamento atmosferico. Secondo i risultati ottenuti dal progetto di nanotossicologia europeo DIPNA, lanciato per verificare i livelli di tossicità dell’inquinamento atmosferico, è ormai chiaro che l’esposizione alle polveri sottili indebolisce notevolmente il sistema immunitario e la capacità del corpo di reagire alle aggressioni. È in queste condizioni che l’OMS attribuisce all’inquinamento 7 milioni di morti precoci l’anno, a causa dell’aggravarsi di condizioni quali patologie polmonari, cardiovascolari e cerebrali.
I pazienti affetti da COVID-19 nelle regioni dell’Italia settentrionale potrebbero essersi trovati ad affrontare l’assalto virale in condizioni già indebolite dalla ripetuta esposizione all’aria inquinata. Dario Caro e colleghi si augurano di aver individuato un nuovo fattore con cui spiegare lo straordinario tasso di mortalità per covid-19 nelle regioni settentrionali d’Italia.
(lo)