Una serie di strategie intendono favorire il distanziamento sociale in attesa di una terapia vincente o di un vaccino.
di Gideon Lichfield
Ad un certo punto il covid-19 sarà sconfitto. Secondo il Milken Institute, all’inizio di aprile circa 50 potenziali vaccini e quasi 100 potenziali farmaci erano in fase di sviluppo e centinaia di studi clinici erano già stati registrati presso l’Organizzazione mondiale della sanità.
Anche con tutti questi tentativi, un vaccino dovrebbe impiegare almeno 12-18 mesi per essere immesso sul mercato. Una cura potrebbe arrivare prima – un’azienda, Regeneron, afferma che spera di avere un farmaco anticorpale in produzione entro agosto – ma produrne abbastanza per aiutare milioni di persone potrebbe richiedere mesi in più.
I tempi potrebbero abbreviarsi se alcuni farmaci esistenti, già noti per essere sicuri per altri usi, si dimostrassero efficaci nel trattamento del covid-19. Le sperimentazioni sono ora in corso e i risultati si sapranno entro l’estate. Il dubbio è che anche nell’ipotesi migliore, un vaccino efficace sia dotato di una copertura limitata in caso di mutazione del virus.
Ciò significa che dobbiamo prepararci a un mondo in cui non esistono cura e vaccino per molto tempo. C’è un modo di vivere in questo mondo senza rimanere permanentemente chiusi in casa. Ma non sarà un ritorno alla normalità; si tratterà, per gli occidentali, in ogni caso, di una nuova normalità, con diverse regole di comportamento e organizzazione sociale, alcune delle quali probabilmente persisteranno molto tempo dopo la fine della crisi.
Nelle ultime settimane si sta trovando un consenso tra i vari gruppi di esperti su come potrebbe essere questa nuova normalità. Alcune strategie riflettono le pratiche di tracciamento dei contatti e monitoraggio delle malattie adottate nei paesi che finora hanno affrontato con più successo il virus, come la Corea del Sud e Singapore.
Altre stanno iniziando a emergere, come testare a intervalli regolari un gran numero di persone e attenuare le restrizioni sui movimenti di coloro che si dimostrano negativi o si sono già ripresi dal virus, sempre che si stia parlando di vera immunità, cosa non ancora accertata.
Ciò comporterà un considerevole grado di sorveglianza e controllo sociale, sebbene esistano modi per rendere queste misure meno invasive di quanto non siano state in alcuni paesi. Inoltre creerà o aggraverà le divisioni tra ricchi e poveri: quelli che hanno un lavoro che può essere fatto da casa e quelli che non lo hanno; quelli a cui è permesso muoversi liberamente e quelli che non potranno; e, soprattutto negli Stati Uniti e in altri paesi senza copertura sanitaria pubblica, coloro che hanno assistenza medica e coloro che ne sono privi (Sebbene ora gli americani possano ottenere test di coronavirus gratuitamente per legge, non è escluso che pagare alti costi per test e terapie correlate).
Questo nuovo ordine sociale potrebbe apparire impensabile alla maggior parte delle persone nei cosiddetti paesi liberi, ma qualsiasi cambiamento può rapidamente diventare normale se le persone lo accettano. La vera anomalia è l’incertezza. La pandemia ha minato la prevedibilità della vita normale, il tipo di attività che riteniamo di poter svolgere il giorno dopo.
Ecco perché tutto sembra sfaldarsi, perché l’economia sta crollando, perché tutti sono stressati: non possiamo più prevedere cosa sarà permesso e cosa non lo sarà tra una settimana, un mese o tre o sei o 12 mesi. La ricerca della normalità, quindi, non significa tanto tornare alle condizioni precedenti, quanto piuttosto sapere cosa accadrà domani.
E sta diventando sempre più chiaro ciò che è necessario per raggiungere questo tipo di prevedibilità. Ciò che non possiamo prevedere, tuttavia, è quanto tempo impiegheranno i leader politici a fare ciò che serve per arrivarci.
Lo sfondo
Innanzitutto, diamo un’occhiata al perché aspettare l’avvento di un farmaco o un vaccino non è un’opzione pratica. Una caratteristica della pandemia covid-19 è la velocità con cui l’impensabile è diventato l’ovvio. A metà marzo, il governo britannico stava ancora sostenendo di lasciare che la maggior parte delle persone svolgesse più o meno le loro normali attività quotidiane, mentre solo i malati e le persone particolarmente vulnerabili dovevano stare in isolamento.
La situazione è cambiata rapidamente dopo che i ricercatori dell’Imperial College di Londra hanno pubblicato uno studio in cui si mostrava che questa politica avrebbe provocato fino a 250.000 morti nel Regno Unito. La ricerca ha evidenziato quello su cui quasi tutti concordano ora: imporre il distanziamento sociale alla maggior parte della popolazione possibile.
Questo è l’unico modo per “appiattire la curva” o rallentare la diffusione del virus abbastanza da impedire che gli ospedali vengano sopraffatti, come è successo in Italia, Spagna e a New York City. L’obiettivo è quello di mantenere la pandemia a un livello gestibile fino a quando non si raggiunge l’immunità di gregge o si trova un vaccino o una cura.
Aspettare l’immunità di gregge non è un’idea che molti esperti prendono sul serio. Ma al di là del risultato finale, un certo grado di distanziamento sociale deve rimanere in atto fino a quando non ci si arriverà. Un rigoroso blocco può rallentare le nuove infezioni fino a un minimo, come nella provincia cinese di Hubei, ma non appena le misure si allentano, il tasso di infezione riprende a salire.
Nel loro rapporto del 16 marzo, i ricercatori dell’Imperial College hanno proposto un modo per alternare tra regimi più rigidi e più permissivi: imporre misure di allontanamento sociale diffuso ogni volta che i ricoveri alle unità di terapia intensiva (ICU) iniziano a salire e allentarle ogni volta che diminuiscono. (Si veda figura 1)
La linea arancione indica i ricoveri in ICU. Ogni volta che superano una soglia – diciamo, 100 alla settimana – il paese chiude tutte le scuole e la maggior parte delle università e adotta il distanziamento sociale. Quando scendono al di sotto dei 50, tali misure verrebbero revocate, ma le persone con sintomi o i cui familiari hanno sintomi rimarrebbero confinate a casa.
Cosa vuol dire distanziamento sociale? I ricercatori lo definiscono come “una diminuzione da parte delle famiglie del 75 per cento dei contatti al di fuori di casa, scuola o lavoro”. Ciò non significa uscire con gli amici una volta alla settimana anziché quattro volte, ma che se tutti fanno tutto il possibile per ridurre al minimo i contatti sociali, in media il numero di contatti dovrebbe diminuire del 75 per cento.
Secondo questo modello, i ricercatori hanno concluso che sia la distanza sociale sia la chiusura delle scuole dovranno rimanere in vigore circa i due terzi del tempo – due mesi aperte e un mese di pausa – fino a quando non sarà disponibile un vaccino o una cura. Hanno inoltre notato che i risultati sono “qualitativamente simili per gli Stati Uniti”.
I ricercatori hanno anche modellato varie politiche meno rigorose, ma tutte sono risultate insufficienti. Che cosa succede se si isolano solo i malati e gli anziani e si lascia che le altre persone si muovano liberamente? Ci sarebbe un’ondata di malati critici almeno otto volte più grande di quanto il sistema sanitario statunitense o britannico possa gestire.
E se si bloccassero tutti per un periodo prolungato di circa cinque mesi? Non va bene, perché anche una sola persona infetta può far scoppiare di nuovo la pandemia. Un’altra domanda è relativa alla impostazione di una soglia più alta per il numero di ammissioni in terapia intensiva. Il risultato sarebbe la morte di molti più pazienti, con benefici parziali per la libertà di circolazione.
Gli strumenti a disposizione
Tali scenari, tuttavia, presumevano che rimanere isolati fosse un sistema generalizzato. Ma non tutti sono ugualmente a rischio o rischiosi. La chiave per arrivare alla normalità sarà stabilire sistemi per discriminare, legalmente e in modo equo, tra coloro a cui è consentito spostarsi liberamente e coloro che devono rimanere a casa. Una serie di proposte simili provengono da enti come l’ American Enterprise Institute, il Center for American Progress e il Centro per l’etica Edmond J. Safra dell’Università di Harvard.
Innanzitutto, si deve mantenere il maggior numero possibile di persone a casa fino a quando il tasso di contagio non è ben sotto controllo. Nel frattempo, si rafforza la capacità produttiva di test, in modo che una volta che il paese sia pronto ad allentare le regole di distanziamento sociale, chiunque richieda un test possa ottenere il risultato in poche ore o, idealmente, minuti.
Ciò deve includere test sia per il virus, al fine di rilevare le persone che sono attualmente malate anche se non hanno sintomi, sia per gli anticorpi, al fine di trovare persone che hanno avuto la malattia e ora sono immuni. Alle persone che risultano positive agli anticorpi potrebbero essere concessi “passaporti di immunità” o certificati per consentire loro di muoversi liberamente.
La Germania e il Regno Unito hanno già dichiarato di voler rilasciare tali documenti. Anche le persone che risultano negative al virus potrebbero spostarsi, ma dovrebbero essere controllate a più riprese e accettare di essere rintracciabili sul loro cellulare. In questo modo potrebbero essere avvisati se entrano in contatto con qualcuno che è stato contagiato. Questo nuovo ordine sociale spaventa la maggior parte delle persone nei cosiddetti paesi liberi.
Il quadro ci riporta a una sorta di Grande Fratello: in Israele, tale monitoraggio automatizzato e tracciabilità dei contatti viene fatto dall’agenzia di intelligence nazionale, usando strumenti di sorveglianza creati per rintracciare i terroristi. Ma ci sono modi meno invadenti per farlo.
Safra Center, per esempio, delinea vari schemi di “tracciamento peer-to-peer”, in cui un’app sul telefono scambia token crittografati tramite Bluetooth con qualsiasi altro telefono che si è trovato per un periodo minimo di tempo nelle vicinanze. Se si risulta positivi al virus, si inserisce tale informazione nell’app. Utilizzando i token raccolti dal telefono negli ultimi giorni, vengono inviati avvisi alle persone con cui si è entrati in contatto, che si autoisolano o vengono sottoposte a test.
La posizione attuale dell’utente non viene monitorata, ma solo le identità anonime delle persone che gli sono state vicine. Singapore utilizza un’app di tracciamento peer-to-peer chiamata TraceTogether, che invia gli avvisi di contagio al ministero della salute, ma – almeno in linea di principio – tale sistema può essere impostato senza alcuna registrazione centralizzata.
È necessario inoltre raccogliere dati e analisi a livello nazionale per comprendere meglio la diffusione del virus e individuare aree ad alto rischio che potrebbero richiedere ulteriori test o risorse mediche o un’altra quarantena. Questa strategia deve includere sondaggi sierologici, test casuali per gli anticorpi per scoprire quanto il virus si sia già propagato.
Altri modi per valutare la sua diffusione senza “spiare” direttamente le persone potrebbero essere quello del crowdsourcing delle informazioni utilizzando siti come covidnearyou.org o sul sistema di ricerca di Google sui sintomi di covid-19 o persino nei nostri sistemi fognari.
È anche importante assicurarsi che le persone che sono risultate positive o siano state esposte rimangano in quarantena.
Questa politica di intervento, tuttavia, sembra difficile da portare avanti senza un sistema efficace di sorveglianza diretta. Paesi come Singapore e la Corea del Sud usano diversi mezzi, come far condividere la propria posizione tramite WhatsApp o scaricare un’app di tracciamento specializzata. Se gli Stati Uniti o i paesi europei possano imporre (per non parlare di far rispettare) questo tipo di controllo non è chiaro. Senza queste misure, si deve fare affidamento sul senso civico delle persone che dovrebbero autoisolarsi in caso di necessità.
Il punto è che ci sono sistemi inquietanti di raggiungere questi obiettivi e la crisi potrebbe far esplodere una riflessione più ampia su come usare i dati delle persone per il bene collettivo proteggendo al contempo l’individuo.
Gli ostacoli
Indipendentemente dai metodi scelti, l’obiettivo è lo stesso: dopo un paio di mesi di arresto, iniziare a eliminare selettivamente le restrizioni sui movimenti per le persone che possono dimostrare di non essere a rischio di malattia. Con una capacità di test, raccolta dati, tracciabilità dei contatti, applicazione o aderenza alla quarantena e coordinamento tra i governi federale, statale e locale, i contagi locali potrebbero essere contenuti prima che si diffondano e costringano a una nuova chiusura a livello nazionale.
A poco a poco, sempre più persone sarebbero in grado di tornare a una parvenza di normalità, ancora molto lontana dai bar affollati e dalle manifestazioni sportive del passato, ma pur sempre un modo meno insopportabile di aspettare la scoperta di un vaccino o di una cura. Ancora più importante, l’economia potrebbe tornare a muoversi.
Ma per arrivarci, il blocco iniziale deve probabilmente essere più duro di quanto non sia attualmente negli Stati Uniti. Al momento della scrittura di questo articolo, alcuni stati americani ancora non hanno emesso l’obbligo di rimanere in casa e non ci sono restrizioni agli spostamenti tra città o stati. In Cina, al contrario, le città della provincia di Hubei hanno trascorso circa due mesi in un rigoroso blocco, con il trasporto pubblico interrotto e il movimento interurbano limitato.
In secondo luogo, secondo alcune stime, milioni di test antivirus al giorno, eseguiti tempestivamente, potrebbero aiutare a tenere sotto controllo la pandemia negli Stati Uniti. L’8 aprile il paese stava sottoponendo a test circa 150.000 persone al giorno e i risultati sarebbero arrivati dopo più di una settimana.
In terzo luogo, i test per gli anticorpi sono ancora agli inizi, e la maggior parte di loro attualmente in fase di sviluppo restituisce ancora tassi abbastanza elevati di falsi positivi e falsi negativi, secondo il Johns Hopkins Center for Health Security. Un piano per ordinare milioni di kit di test domestici per il Regno Unito ha avuto problemi dopo che gli esperti hanno scoperto che potrebbero funzionare al 50 per cento.
Infine, la strategia nazionale degli Stati Uniti pecca di coordinamento. La gestione caotica della crisi da parte dell’amministrazione Trump, la separazione dei poteri tra il governo federale e i singoli stati e la natura frammentata dell’assistenza sanitaria privatizzata rendono poco chiaro il modo in cui si intendono applicare i sistemi di tracciamento automatico dei contatti, l’applicazione della quarantena e la certificazione immunitaria.
Ciò significa che una riapertura degli Stati Uniti a giugno è a dir poco ottimista, e una riapertura entro il 30 aprile, come sperava ancora il presidente Donald Trump all’inizio di aprile, è una fantasia. In ogni caso Trump, insieme al suo alter ego, Fox News, si è progressivamente e con riluttanza spostato verso una posizione più realistica sulla pandemia.
Alla fine di marzo la Casa Bianca aveva adottato le proiezioni del bilancio delle vittime in linea con quelle di molti esperti, anche se quelle proiezioni si basavano su misure di distanziamento sociale più rigorose di quelle attualmente richieste dal governo federale. Man mano che la pandemia si diffonde ulteriormente nel paese e inizia a colpire gli stati più vicini ai repubblicani, gli interessi del presidente possono iniziare ad allinearsi più strettamente con quelli del paese nel suo insieme.
Il risultato finale
Il nostro futuro ci metterà a dura prova, ma un pensiero va dedicato ai miliardi di persone nel mondo per le quali il distanziamento sociale e l’igiene di base sono lussi insostenibili, per non parlare di test e cure tecnologicamente avanzati. La pandemia colpirà soprattutto nei bassifondi dei paesi più poveri del mondo come il fuoco si diffonde facilmente tra le sterpaglie. Nelle loro popolazioni notevolmente più giovani, avrà una mortalità inferiore a quella del mondo ricco.
Un miracolo può ancora accadere. Forse un farmaco disponibile a breve funzionerà. Forse i test mostreranno che il virus è molto più diffuso e meno mortale di quanto pensassimo. Vale la pena sperare in queste cose, ma non possiamo contare su di esse. Ciò che possiamo aspettarci è avere un quadro sempre più chiaro, con il passare dei giorni, di come andrà a buon fine se intraprendiamo i giusti passi.
(rp)