Ricercatori dell’ETH Zurich usano onde ultrasoniche per somministrare farmaci precisamente dove sono richiesti in caso di disturbi psichiatrici, neurologici e tumori.
di Lisa Ovi
Esistono numerosi farmaci per il trattamento di malattie come depressione e schizofrenia, ma la loro somministrazione è ostacolata dalla barriera emato-encefalica, preposta alla difesa del cervello contro eventuali elementi patogeni nel sangue. Purtroppo impedisce l’accesso anche ai farmaci, comprese possibili cure contro Parkinson e Alzheimer.
I farmaci necessari indirizzati al cervello viaggiano attraverso il flusso sanguigno e raggiungono sia l’intero cervello che il corpo, con potenziali effetti collaterali. Sotto la direzione di Mehmet Fatih Yanik, professore di neurotecnologia, ricercatori dell’ETH di Zurigo hanno sviluppato un metodo agli ultrasuoni per concentrare e rilasciare farmaci nel cervello con estrema precisione. I risultati della ricerca sono stati pubblicati dalla rivista Nature Communications.
Il nuovo metodo prevede l’utilizzo di speciali veicoli per i farmaci che li avvolgono in vescicole lipidiche sferiche connesse a microbolle piene di gas e sensibili agli ultrasuoni. Iniettate nel flusso sanguigno, vengono trasportate fino al cervello.
Le onde ultrasoniche focalizzate, emesse a livelli di energia bassi che non danneggiano i tessuti, vengono utilizzate in due fasi. In un primo momento, le onde ultrasoniche inducono le bolle ad aggregarsi precisamente dove necessario nel cervello, creando una sorta di gabbia virtuale di onde sonore. In un secondo tempo, i ricercatori aumentano il livello dell’energia ultrasonica per far vibrare le bolle e distruggere le membrane lipidiche che racchiudono ai farmaci. I farmaci liberati possono quindi essere assorbiti dal tessuto nervoso locale.
Il metodo è stato testato su dei ratti con dei farmaci neuroinibitori. Gli scienziati hanno dimostrato di essere in grado di inibire porzioni precise del cervello ad esclusione dell’insieme.
La somministrazione precisa permette di utilizzare dosi di farmaco molto inferiori. Nel caso dei ratti, ad esempio, la quantità di farmaco utilizzato è arrivato ad essere anche 1.300 volte inferiore alla dose tipicamente necessaria. Il nuovo metodo non causa, lasciando intatta la barriera fisiologica tra il flusso sanguigno e il tessuto nervoso.
Gli studiosi stanno testando su modelli animali l’efficacia del metodo contro ansia, disturbi neurologici e tumori cerebrali chirurgicamente inaccessibili. Il progetto è stato finanziato dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea.
(lo)