Elizabeth Warren, candidata democratica alle presidenziali USA, ha un piano per tutto, ma è difficile immaginare che le sue audaci proposte possano essere accettate dal congresso statunitense.
di James Temple
La senatrice democratica Elizabeth Warren, tra i favoriti nella corsa alla Casa Bianca, ha presentato uno dei piani più aggressivi, dettagliati e di ampia portata contro i cambiamenti climatici. L’anno scorso ha pubblicato una serie di proposte, strettamente correlate alle sue ampie proposte di riforma economica, in supporto del Green New Deal e di una politica estera che incoraggerebbe anche altre nazioni a intraprendere azioni più aggressive contro i cambiamenti climatici.
Il suo programma di “patriottismo economico” farebbe leva su diversi settori della politica industriale, attivando un Green Apollo Plan che inietterebbe $400 miliardi nella ricerca e nello sviluppo di energia pulita; un piano di mobilitazione industriale verde che impegnerebbe il governo a spendere $1,5 trilioni in tecnologie senza emissioni prodotte dagli americani; e un Green Marshall Plan che metterebbe da parte $100 miliardi con cui finanziare altre nazioni interessate ad acquistare questi prodotti statunitensi.
Tra questi e altri piani, la Warren prevede anche di versare circa 3 trilioni di dollari federali in iniziative legate al clima per i prossimi 10 anni, parzialmente finanziate dall’inversione dei tagli fiscali promossi dall’amministrazione Trump. La candidata si è impegnata a riallineare gli Stati Uniti con gli accordi di Parigi sin dal primo giorno della sua presidenza.
Il suo piano di revisione del settore commerciale richiederebbe a tutte le parti impegnate in accordi commerciali con gli statunitensi di portare avanti politiche per la riduzione delle emissioni, ai sensi dell’accordo di Parigi, ed eliminare i sussidi nazionali a favore dell’industria dei combustibili fossili. Il piano prevede inoltre azioni di compensazione delle emissioni alle frontiere, ovvero un’imposta sui prodotti importati caratterizzati da un’elevata intensità di emissioni di anidride carbonica, per scoraggiare le società statunitensi dal trasferire le proprie attività altrove per evitare le norme climatiche nazionali più rigide.
Di seguito, la posizione di Elizabeth Warren su altre questioni energetiche chiave.
Elettricità: le sue politiche stabiliscono l’obiettivo di produrre il 100% dell’elettricità della nazione a partire da fonti di “energia pulita, rinnovabile e a zero emissioni” entro il 2035.
Veicoli: il suo piano prevede che tutte le nuove autovetture e autobus siano a zero emissioni entro il 2030. Propone anche un programma “Clean Cars for Clunkers” volto ad accelerare la rimozione dalla circolazione dei veicoli ad alto consumo di benzina.
Imposta sul carbonio: la sua campagna elettorale si è dichiarata “aperta a” stabilire un prezzo sulle emissioni, sia in forma di una tassa, sia come programma cap-and-trade.
Fracking: la Warren intende dichiarare una moratoria su nuovi contratti di ricerca di combustibili fossili su territori pubblici sin dal primo giorno in carica. Verrebbero interrotte l’estrazione di petrolio e gas che producono quasi un quarto delle emissioni della nazione e sarebbe vietata ogni forma di fracking, chiudendo il rubinetto ad una fonte che alimenta circa un terzo del consumo di energia degli Stati Uniti.
Nucleare: la Warren si è dichiarata fortemente contraria all’energia nucleare. Ha dichiarato che nessun nuovo impianto sarebbe stato costruito sotto la sua amministrazione e che dovremmo “iniziare a liberarci dal nucleare e sostituirlo con fonti rinnovabili”. In un dibattito di dicembre, ha ammorbidito questa posizione, dicendo: “Dobbiamo smettere di immettere anidride carbonica nell’atmosfera. Ciò significa che dobbiamo mantenere parte del nostro nucleare.”
Fattibilità e rischi: il piano richiederebbe un consistente spostamento del potere politico e un massiccio sforzo legislativo a garanzia dei finanziamenti necessari a realizzare i piani ambiziosi della Warren. Anche se il congresso riuscisse a passare i fondamenti delle sue proposte, molti specialisti del campo dell’energia dubitano che la nazione possa ottenere una revisione di tale portata nei tempi previsti, data l’enorme quantità di denaro, materiale, lavoro, permessi e volontà politica necessari.
Il settore energetico, altre industrie e alcune regioni reagirebbero vigorosamente contro molte di queste proposte, in particolare al divieto contro il fracking, che eliminerebbe molti posti di lavoro negli Stati Uniti e renderebbe inutili gli investimenti in impianti di perforazione di gas naturale, tubazioni, raffinerie e turbine in un batter d’occhio. Stati cruciali alla battaglia per la nomina alle presidenziali come la Pennsylvania, dove sono in costruzione o in fase di progettazione diverse raffinerie da miliardi di dollari, fanno molto affidamento sui vantaggi economici derivati dal fracking.
Foto: Elizabeth Warren, senatrice USA e candidata alla presidenza. AP, Matt Rourke