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    2019: la realtà è online

    Sempre meno costruiti a tavolino, i video in rete documentano la vita autentica delle persone che li postano, ma gli influencer sfruttano la tendenza per piegarla a fini commerciali.

    di Tanya Basu

    A maggio, Krystal Aranyani ha condiviso un video su YouTube diverso dal solito. L’insegnante di yoga si è mostrata senza trucco, scarsamente illuminata e accovacciata tra arazzi e cuscini, con la mano appoggiata sul viso in una posa riflessiva.

    “Ciao amati, bentornati sul mio canale”, ha iniziato, come sempre. “Avrete notato che oggi ho un aspetto diverso. L’altro giorno stavo pensando che non mi sono mai mostrata senza trucco nei video, il che ha un senso perché chi si trova sui social media, in particolare quelli come me che vogliono aiutare gli altri e farsi conoscere, amano presentarsi in un certo modo. Ma intendevo rendere più vero il video per ricordarvi che non si è sempre perfetti 24 ore su 24, 7 giorni su 7″.

    Link al video

    Un tempo, l’approccio di Aranyani poteva sembrare audace, forse persino rischioso per l’immagine a cui sono abituati i suoi follower. Per quanto coraggiosa, il video di Aranyani è stato uno dei tanti, molti post sui social media nel 2019 che ha contraddetto quella che era diventata l’estetica condivisa dell’auto-presentazione online: aerografata, in posa, come il personaggio di una fiaba che prende vita.

    Quando Instagram è stato lanciato per la prima volta nel 2010, era simile a un album di foto digitali. Una persona normale poteva scattare una semplice foto con uno smartphone normale e, con l’aiuto di alcuni filtri e strumenti di modifica facili da usare, creare un’immagine straordinaria e a prima vista professionale.

    Per otto anni, i social media hanno esaltato una realtà “virtuale”, ma nel 2019 qualcosa è cambiato. È diventato “cool” essere autentici.

    Le celebrità, ovviamente, hanno aiutato a muoversi in questa direzione. Emma Chamberlain, con oltre 8 milioni di follower su YouTube, ne è un esempio lampante con la sua presentazione sul sito: “Sapete una cosa? Sarò del tutto spontanea con voi ragazzi!”.

    In un profilo recente ha spiegato perché pubblica spesso video di se stessa in lacrime: “Ogni volta che piango mi piace, non so perchè, documentarlo. Adoro rivedermi mentre piango e pensare ‘Ricordi quando eri così arrabbiata per X, Y e Z? Guardati ora, non te ne importa più nulla!’”.

    Chamberlain è della generazione che ha cambiato il significato della presenza sui social media. I millennial hanno adottato Facebook e riempito Twitter e Instagram di meme, snark e (a volte false) notizie. Ma la Generazione Z ora pubblica foto autentiche e non ritoccate, che li mostrano anche in condizioni di difficoltà e disagio. Essere reali per questa generazione significa registrare un video su TikTok che documenta la propria lotta con disturbi di ordine psicologico. Significa pubblicare un’immagine che mostra un sorriso sbilenco e gli occhi persi nel vuoto.

    Da un lato, tali contenuti sembrano il punto di partenza per conversazioni online emotivamente coinvolgenti. TikTok è diventata la piattaforma preferita dagli adolescenti proprio per questo motivo: in loop di 30 secondi, possono essere concisi e incisivi, parlando di tutto: dal tormentone del ballo seriale della campagna elettorale di Pete Buttigieg alla persecuzione degli Uiguri in Cina

    Rebecca Jennings di “Vox” ha sintetizzato il successo tra gli adolescenti di TikTok con uno slogan: “Sono brutto”. I contenuti diffusi su questa piattaforma rifiutano i classici tropi di Instagram, come la divisione dello schermo in prima/dopo. “I video realistici sono il motivo per cui le persone si avvicinano a TikTok”, osserva Jennings. “Il disagio che viene mostrato è sinonimo di affidabilità”.

    Tuttavia, essere autentici si traduce spesso in una performance. I post su come essere spontanei sono in realtà scritti con molta attenzione e spesso abbinati a foto intese a comunicare riflessività e profondità.

    Quando Kim Kardashian, una nota influencer, parla della sua quotidianità non si stacca mai realmente dal suo “personaggio”.

    In un video pubblicato questo mese, ha parlato della gestosi avuta durante la gravidanza e i cinque interventi che ne sono seguiti. Anche se la vicenda è indubbiamente reale e dolorosa, è quasi impossibile ignorare la messa in scena del video. Perfettamente illuminata, il suo viso simmetrico e truccato in sintonia con un maglione marrone e una parete color malva, la “vulnerabilità” di Kardashian è anche uno spot per Skims, la sua collezione di biancheria intima modellante. 

    Link al video

    Questo fenomeno è stato chiamato “realtà aspirazionale”, l’idea che una vita ripresa con i giusti scatti fotogenici sia in qualche modo autentica. Ma chiunque abbia mai tentato di scattare un’istantanea mentre si mangia o si gioca con un bambino sa che “catturare” il “reale” non è possibile senza un’attenta pianificazione e una lunga serie di tentativi. 

    Questa realtà aspirazionale si lega a un altro fenomeno in espansione: le confessioni intime. Non è una coincidenza che il video “confidenziale” di Aranyani si integri perfettamente con la sua attività di insegnante di yoga. 

    Le lacrime di Chamberlain testimoniano della volontà di autodocumentare il suo stato d’animo, ma trapela la consapevolezza del fatto che le emozioni generano clic. Lo stesso discorso vale per Kardashian, una professionista consumata, ben consapevole del fatto che la sua collezione di abbigliamento si inserisce nello stretto spazio tra aspirazione e affidabilità: Lei è una donna d’affari miliardaria, ma ha anche quattro figli.

    Quindi, la vita reale si è imposta online, ma in un certo senso è solo una nuova manifestazione della ricerca di notorietà. Quest’anno ci ha regalato uno tsunami di video su TikTok con figli che ballano con la madre o persone che cantano canzoni country in pigiama. Ma è lo stesso ciclo che si ripete: un’estensione digitale del sè per raccogliere la scarica di dopamina di like. Essere “reali” è solo un modo per ottenerla.

    (rp)

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